Testimonianza o responsabilità?

anna segreÈ ammirevole come questo notiziario sia riuscito per molti mesi a non parlare del referendum mentre intorno a noi quasi non si parlava d’altro. Ed è anche riuscito, mi pare, a non far trapelare tra le righe nessuna indicazione di voto. Curioso, viceversa, notare come il giorno successivo alla vittoria del No sia siano venuti fuori i commenti preoccupati per il futuro dell’Italia e alcuni collaboratori abbiano esplicitamente dichiarato di aver votato Sì. C’è un particolare gusto ebraico per le minoranze e le cause perse?
Per la verità, se io avessi provato a prevedere il risultato del referendum solo sulla base delle intenzioni di voto dei miei colleghi, parenti e amici, avrei dovuto ipotizzare una schiacciante vittoria del Sì; questo dimostra che le persone che frequento – ebree o non ebree che siano – non costituiscono un campione significativo della popolazione italiana; inoltre dimostra che, se mi basassi solo sulla mia esperienza diretta, non potrei confermare l’ipotesi di Sergio Della Pergola che gli ebrei abbiano votato in modo difforme rispetto al resto della popolazione italiana.
Tuttavia anche io ho notato una differenza. Molti (e io sono tra questi) hanno votato Sì non tanto per amore di una riforma costituzionale che oggettivamente non era un granché, quanto per paura di consegnare tra pochi mesi l’Italia nelle mani di personaggi a dir poco inquietanti. Anche tra i miei colleghi e amici non ebrei questa motivazione era evidente, ma ho notato una maggiore reticenza nel dichiararlo, come se ci fosse qualcosa di male a non prendere decisioni solo sulla base di astratte motivazioni ideologiche ma tenendo anche conto degli effetti pratici delle proprie scelte. Tra gli ebrei, invece, mi pare che questa reticenza fosse minore o inesistente. Anche i commenti pubblicati su questo notiziario hanno trattato pochissimo il tema delle riforme costituzionali in sé, concentrandosi invece sulla caduta del governo e sulle sue conseguenze.
Mi pare che l’approccio alla politica di molti italiani risenta della visione cristiana: ogni individuo ha il dovere di testimoniare la verità costi quel che costi. La cultura ebraica, invece, sottolinea maggiormente il dovere di assumersi le proprie responsabilità: non siamo responsabili solo per le nostre azioni, ma anche per le conseguenze indirette delle nostre scelte; se siamo in grado di prevederle non possiamo fingere che tali conseguenze non siano un problema nostro. Certo, la medesima assunzione di responsabilità avrebbe potuto legittimamente condurre a votare No. Tuttavia ho avuto l’impressione che molti, da entrambe le parti, abbiano interpretato il voto non come un mezzo per influenzare la realtà ma come una professione di fede.

Anna Segre

(9 dicembre 2016)