Strage di Berlino, la polizia
a caccia del terrorista tunisino

rassegnaCaccia all’uomo, in tutta la Germania e anche nei paesi vicini. Anis Amri, tunisino, 24 anni, probabilmente ferito, sicuramente armato è sospettato di essere il responsabile della strage di Berlino. L’invito ai cittadini è di fare attenzione, scrive Repubblica. Il presunto terrorista era stato quattro anni in carcere in Italia; ora su di lui è stato spiccato un mandato di cattura europeo. Intanto dalle ricostruzioni della polizia, risulta che il camionista polacco a cui l’attentatore ha sottratto il tir poi lanciato sulla folla presente al mercatino di Natale, fosse ancora vivo al momento dell’attacco e abbia cercato di fermare il terrorista (Avvenire). Da Israele invece arriva la conferma che una delle 12 vittime è l’israeliana Dalya Eliakim, in vacanza con il marito a Berlino e investita dal camion lunedì scorso. Il marito, Rami, è invece ancora ricoverato in ospedale in condizioni serie.

Strage di Berlino, perché. “I tedeschi ora si chiedono “Perché?” come gli ebrei durante il nazismo”, scrive sul Fatto Quotidiano Leonardo Cohen, parlando della strage terroristica nella Capitale tedesca. “Warum se lo chiesero gli ebrei dinanzi allo sprofondo dell’Olocausto, e se lo chiese e ce lo chiese Primo Levi, nel suo squassante indagare sull’annientamento dell’uomo, su I sommersi e i salvati, “perché io?”, scrive il giornalista. “La Storia replica di nuovo il suo turpe inventario: corpi senza identità, giovani generazione Erasmus sacrificati in nome di un’ideologia malata e fanatica, vite spezzate senza ragione: appunto, perché?”. Intanto manifestazioni in tutta la Germania con la partecipazione dei rappresentai dei tre grandi monoteismi sono stati organizzati per le prossime ore, scrivono Avvenire e l’Osservatore Romano. Sul Fatto invece Furio Colombo risponde a un lettore che si chiede perché la guerra in corso non venga definita “di religione”: buttando Dio nella mischia, afferma Colombo, “si disarmano i veri sentimenti religiosi e si dà vita a un odio contro odio, motivato dal fatto che io non posso permettere che il mio nemico sia peggiore di me. In questa gara a chi odia di più, ed è capace di fare più male, l’invocazione di Dio è necessaria come lo è stata nei secoli”.

Sequestro Moro e coinvolgimento palestinese. Dai cassetti segreti di una storia infinita come il caso Moro, ora affiora una nuova vicenda che conferma il rapporto privilegiato e oscuro intrecciato dallo Stato italiano con i movimenti palestinesi, nella stagione in cui questi praticavano attività terroristiche: nell’aprile 1978 – quindici giorni prima che il prigioniero Aldo Moro venisse ucciso dalle Br – dunque nel momento di massima crisi dello Stato repubblicano – i Servizi italiani attivarono un canale riservatissimo con i palestinesi per sondare una trattativa. Obiettivo: la liberazione del presidente democristiano (La Stampa e il Corriere).

Predappio, fondi Ue per il museo sul fascismo. “Siamo a un punto di svolta col progetto e io vado avanti, non posso permettere di fare di un edificio del genere una vittima della damnatio memoriae”, così il sindaco di Predappio Giorgio Frassineti sulla realizzazione del Museo del fascismo nell’ex casa del fascio. “Lo stato dei fatti – scrive La Stampa – è che al milione di euro versato in parti uguali dal comune di Predappio e dalla fondazione Cassa dei risparmi di Forlì se n’è appena aggiunto un altro della regione Emilia Romagna, che ha pescato fra i fondi strutturali europei, mentre si attende una risposta del governo dopo che Luca Lotti, allora sottosegretario, si era interessato venendo qui di persona”.

Daniel Reichel

(22 dicembre 2016)