Mercatini, libertà, laicità
Il 5777 – circostanza che capita ogni 19 anni – vede la perfetta coincidenza tra prima sera di Chanukkah e la vigilia di Natale, con la conseguente coincidenza tra l’ultima sera e il Capodanno. Non saprei dire se in assoluto questa sia la formula più gradevole: personalmente preferisco quando Chanukkah arriva prima e si può godere dell’atmosfera festiva mentre tutti intorno a noi sono ancora lì ad affannarsi nei preparativi. Anche questa coincidenza ha comunque i suoi vantaggi: ci si possono scambiare auguri perfettamente sincronizzati, gli otto giorni di Chanukkah sono otto giorni di vacanza, si può festeggiare il primo giorno con una bella sciata su piste eccezionalmente poco affollate. Intanto attorno a noi ci sono le luci, lo shopping, la corsa ai regali: un mondo sfavillante che non ci riguarda.
Questo avrei scritto qualche giorno fa; oggi purtroppo è tutto diverso. I mercatini natalizi non sono più luoghi affollati dove ci si affatica in un rituale consumistico a cui siamo estranei, e neppure luoghi allegri dove ci possiamo aggirare spensierati assaporando l’atmosfera festiva senza dover condividere l’ansia della corsa ai regali. Sono diventati luoghi di memoria e di resistenza; luoghi dove qualcuno ha scelto deliberatamente di portare morte e distruzione; luoghi che sono stati attaccati non tanto perché legati a una festa cristiana, ma in quanto simboli di una cultura europea portatrice di valori come la libertà, il rispetto per l’altro, la civile convivenza e in un certo senso – per quanto possa suonare paradossale – la laicità.
Forse il tanto vituperato consumismo non è poi così male se dà tanto fastidio a chi nega questi valori.
Anna Segre
(23 dicembre 2016)