In ascolto – Irving Berlin

milanoQuest’anno gli americani saranno stati particolarmente felici nell’augurare Happy Chrismukkah, visto che vigilia e primo giorno di entrambe le feste coincidono. Il problema di conciliare le due tradizioni ci riporta ai racconti di Gershom Scholem e alla società ebraica tedesca degli anni ’30, ma il problema di “sintesi” di allora, raffigurato in modo efficace dall’installazione dell’albero di Natale in una sala del Judische Museum di Berlino, oggi non ha lo stesso sapore.
In effetti la musica, al di là di qualche performance di scarsa qualità, non si è proprio lasciata prendere da questo mix, quasi come se volesse dirci che ogni tradizione ha diritto alle proprie melodie ed è possibile cantare le une e le altre senza dover per forza trovare un incontro.
In effetti la musica, aldilà di qualche performance di scarsa qualità, non si è proprio lasciata prendere da questo mix, quasi come se volesse dirci che ogni tradizione ha diritto alle proprie melodie ed è possibile cantare le une e le altre senza dover per forza trovare un incontro.
A volte anzi succede che si incrocino gli interessi e capita così che l’autore di una delle più celebri canzoni natalizie sia un ebreo: Mr. Irving Berlin, nato Israel Bejlin e arrivato a New York dalla Russia nel 1893, all’età di cinque anni. Papà Moses, un bravo cantore, trova lavoro al mercato e solo di tanto in tanto riesce a levare la propria voce in sinagoga. Dopo la sua morte, il piccolo Israel decide di seguirne le orme e comincia a cantare, prima per le strade e poi nei caffè sulla Bowery. È il popolare compositore Harry Von Tilzer, figlio di Sarah e Jacob Gumbinsky, due ebrei immigrati dalla Polonia, a scoprire il suo talento e ad assumerlo per eseguire le sue canzoni alla Tony Pastor Music Hall. La sua fama cresce e il nome comincia a girare; è bravo soprattutto nel genere vaudeville, nella parodia di canzoni famose e sa improvvisare. È solo per un errore di stampa su una partitura, che il suo cognome diventa Berlin.
Israel inizia anche a comporre e se è vero che se la cava bene con la creazione di melodie, pur non avendo mai studiato pianoforte sul serio, è soprattutto l’attività di paroliere a portargli l’attenzione del grande pubblico. Nel 1909 la sua “Sadie Salom”, su musica di Edgar Leslie, vende 200.000 copie e due anni dopo comincia la sua era “ragtime” che gli porterà grande celebrità in tutto il paese. Nel 1914 arriva anche il primo di tanti contratti con Broadway ma quando il paese entra in guerra, lui decide di dare il proprio contributo e viene assegnato a Camp Upton, dove mette in piedi attività musicali per le truppe. Dopo la guerra apre la propria casa editrice e nel 1921 co-fonda un teatro, il Music Box sulla 45esima. Gli anni successivi sono un crescendo di successo e Berlin arriva anche a Hollywood, per cui compone fino alla fine degli anni ’50.
Tra le tante composizioni che rendono onore alla carriera di quell’ebreo russo figlio di un cantore, una delle più significative è senz’altro White Christmas, il singolo che ha venduto più copie in assoluto in tutta la storia della discografia e ha visto centinaia di cover e rielaborazioni.
E in questi giorni, in cui mi sono ritrovata a pensare a come si possa comporre e cantare le altrui tradizioni senza forzarne i significati, ho trovato un video divertente di Noa, girato in casa con un cellulare. Seduta sul divano, Noa esegue la carol natalizia “Deck the Hall” mentre in sottofondo due suoi famigliari cantano “Maoz Tzur”. Ciascuno tiene la propria melodia, ma l’armonia è coerente e in quel gioco di accordi si percepisce semplicemente il desiderio comune di fare festa, pur con storie e pensieri differenti.
Consiglio d’ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=bO8VZoRw214

Maria Teresa Milano

(29 dicembre 2016)