Pagine Ebraiche – Dossier GolemConsapevolezza e spaesamento il mito portato in scena
Si chiama Quinta Torre l’avamposto simbolico in cui si svolge la parte centrale del Golem, il dramma che Halpern Leivick, nato in Bielorussia nel 1888, compose in yiddish tra il 1917 e il 1920 a New York, dove era riuscito a rifugiarsi dopo una serie di vicissitudini che trasformano a sua volta l’autore nel personaggio di un altro dramma. Nel Golem pare anticipare ciò che sarebbe successo da lì a pochi anni in quell’Europa da cui era riuscito a fuggire, anche forse perché, come scrive Laura Quercioli Mincer, curatrice e traduttrice del volume recentemente pubblicato da Marsilo, “La biografia dei primi anni di vita di Leivick, il più grande di nove figli, è quella tipica, e difficile da idealizzare, dello shtetl. Miseria e promiscuità, un padre insoddisfatto e manesco e la disciplina ferrea dello kheyder, la scuola tradizionale”. I primi anni trascorsi nella natia Igumen sono terribilmente “normali”: il paesaggio è fermo nel tempo e ci sono talmente poche notizie disponibili – una strage di nazionalisti lituani compiuta dalla polizia politica sovietica, una strage di ebrei – che lo scrittore Manes Sperber la definisce “uno dei più miserabili borghi ebraici di tutta la Bielorussia”. In yeshiva Leivick scopre la grammatica ebraica, un materia laica e normalmente vietata, e durante la rivoluzione del 1905 aderisce al Bund, il partito socialista ebraico sovranazionale e yiddishista fondato nel 1987 a Vilna. Diventa rivoluzionario, smette di scrivere in ebraico nonostante fosse già un autore promettente, e si converte all “lingua delle masse deprivate”, lo yiddish. Arrestato nel 1906 dalla polizia zarista decide di non difendersi e viene condannato a quattro anni di lavori forzati, e all’esilio a vita in Siberia. Qui ricompare la Torre, che però è la Torre Penitenziaria di Minsk dove, chiuso in una cella d’isolamento, scrive Meshiakh in Keytn, Il Messia incatenato. Alla fine del periodo di lavori forzati, nel 1912, inizia la lunga marcia (seimila chilometri) verso la Siberia. Qui avviene l’incredibile: Leivick riesce a fuggire, attraversare tutta la Russia e la Germania e, nel 1913, sbarcare negli Stati Uniti. La vita nel nuovo mondo non fu più facile – i suoi Shmates, Stracci, del 1921 e Shop, del 1926 raccontano di condizioni sia sociali che lavorative durissime – e quando già era famoso era ancora normale incontrarlo per strada con colla e rotoli di carta da parati. Faceva il tappezziere.
Già nel Golem, scritto tra il 1917 e il 1921, parrebbero esserci molte inquietanti premonizioni di quello che sarebbe successo in Europa pochi anni dopo, e va ricordato che dei molti poeti e scrittori yiddish degli USA Leivick fu il primo a dar voce a un profondo senso di colpa, e di spaesamento. E per la sua capacità di capire, dovuta anche alle persecuzioni e alle torture subite, ricevette dai sopravvissuti – scrive Quercioli Mincer – una sorta di “cittadinanza onoraria” e il mandato a esprimersi a loro nome.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
dal Dossier Golem, Pagine Ebraiche, gennaio 2017
(2 gennaio 2017)