Dossier Golem: Alle origini di tutti i supereroi, il mito di Praga
Sin dagli inizi della storia del fumetto l’enorme patrimonio di storia e tradizioni della minoranza ebraica, appena avvenuto l’incontro con le nuove metodologie di divulgazione per immagini, ha iniziato a influenzare sia i comics che la fotografia. Si trattava principalmente delle storie degli ebrei ashkenaziti, che lasciavano le tormentate terre dell’Europa centro orientale per cercare una vita migliore in un’America lungamente sognata, e la loro cultura ha iniziato rapidamente a riversarsi soprattutto nelle storie disegnate, che vedevano una prima esplosione legata a un nuovo filone narrativo. Lieber, Kurtzberg, Kahn, Siegel, Shuster, Eisner, Klein e Blum: ha scritto Cinzia Leone che fare i nomi degli autori del nascente genere supereroistico è come scorrere i banchi di una sinagoga. “Pubblicano le prime storie a fumetti nella stampa yiddish e quando decidono di fare il salto nel mercato si americanizzano il nome: millenaria consuetudine della diaspora. Stanley Martin Lieber, diventa Stan Lee, Jacob Kurtzberg cambia in Jack Kirby e insieme collaborano all’invenzione dei bicipiti da supereroe di Popeye e per la Marvel creano i Fantastici quattro e X-Men. Robert Kahn, del Bronx, diventa Bob Kane e inventa Batman, l’eroe di Gotham City. Siegel trasforma Jerome in Jerry e con Shuster, che da Joseph è diventato Joe, danno il nome al primo supereroe moderno: Superman”. La prima idea di cui si nutrono le storie dei supereroi americani ha radici lontane, in quel personaggio della tradizione che ha qualcosa di soprannaturale e che si dedica a proteggere la comunità, il mondo ebraico. Il golem, così, si trova a indossare le tute aderenti e la calzamaglia dei supereroi, ma non muta l’essenza della sua storia. Le prime teorie vi si ispirano in maniera probabilmente inconsapevole, ma la presenza del golem nel fumetto è via via più forte ed evidente.
Va ricordata la suddivisione in periodi, che marca in maniera importante l’evoluzione del genere supereroistico: nella prima fase, detta Golden Age, il personaggio principale è un eroe retorico, consapevole del suo supereroismo e totalmente privo di dubbi (Superman, Batman), mentre nella successiva Silver Age arrivano supereroi che di dubbi ne hanno parecchi, e sono personaggi più aderenti alle caratteristiche del Golem, che, appunto, è creatura di domande ed esitazioni. La sintesi della poetica di Stan Lee è esattamente questa, una riflessione sul fatto che a tante capacità corrispondono tante responsabilità e il golem ne è emblema: quando diventa consapevole smette di essere governabile, diventa una cosa diversa. A fare da cerniera fra i due periodi sta un nucleo familiare di eroi in cui di nuovo il golem è figura centrale, il personaggio più forte, che tutto tiene insieme. Nella famiglia dei Fantastici Quattro (di Stan Lee e Jack Kirby) la Cosa, il personaggio enorme e mostruoso che è una sorta di amico benevolo ma brontolone, ha una forza sovrumana. È il Golem in tutto e per tutto, non solo per la forma così riconoscibile – non è scolpito bene, ha figure solo abbozzate – ma anche per il suo carattere: è colui che si pone domande, che è pieno di dubbi. Circa un decennio dopo la stessa coppia di autori, nel 1962, crea Hulk, personaggio di transizione che unisce la tradizione del ghetto di Praga alla quella vittoriana. In tempi più recenti, dopo tante e differenti versioni, la vicenda del golem si innesta nel fumetto horror – un esempio ne é il Joe Golem di Mike Mignola – raccontando così molto del mondo americano, in cui il mito del golem ha messo radici profonde. E il mito rimane in quasi tutti i fumetti supereroistici, come personaggio sfruttato a volte dai cattivi, o collocato decisamente tra i buoni… c’è sempre qualcuno che lo usa, o lo combatte, o lo attiva o porta al risveglio. Non mancano i golem nel fumetto underground americano della fine degli anni Sessanta, e dei Settanta – in cui gli autori di origine ebraica erano molti – e in cui viene utilizzato nei modi più svariati: un esempio notevole è The Golem’s Mighty Swing di James Sturm, un grafic novel potente ed evocativo ambientato nel 1920. E poi, ovviamente, per tornare al di qua dell’oceano, non si può dimenticare “Le petit monde du Golem” di Joann Sfar che nella sua solita maniera sofisticata usa il golem come modello di ragionamento su una tradizione, con la storia dell’Adamo che viene creato e ricreato, l’eroe che non riesce a stare all’interno del proprio ruolo. In Sfar c’è molto gotico, e va ricordato che ogni autore ha la sua poetica e utilizza lo stesso oggetto per parlare di se qualsiasi cosa. È una sorta di freak malinconico, incontra buoni e cattivi, e personaggi noti, da Woody Allen a Wes Anderson, un personaggio che ha problemi con le donne e non trova mai pace. Che sia il personaggio del cinema espressionista degli anni venti o un supereroe dei fumetti, resta incontestabile il fatto che ogni autore ha una sua poetica e utilizza lo stesso oggetto per parlare di se stesso.
Ada Treves twitter @atrevesmoked
dal dossier Golem, Pagine Ebraiche, gennaio 2017
(5 gennaio 2017)