…Charlie

Se temiamo di introdurre il buon umore nella religione – scrive Shaftesbury nella sua “Lettera sul fanatismo” – o di pensare con libertà e gioia a un soggetto come Dio, è perché lo concepiamo come noi stessi, e non possediamo una nozione di maestà e grandezza che non sia associata alla solennità e alla cupezza”. Qualsiasi esperienza collettiva che a-priori espelle l’ironia è destinata a divenire dittatoriale, perché non disposta a sopportare un’opinione diversa dalla propria.
A Stéphane Charbonnier, Jean Cabut, Georges David Wolinski, Bernard Verlhac, Philippe Honoré, Mustapha Ourrad, Elsa Cayat, Bernard Maris, Michel Renaud, Frederic Boisseau, Ahmed Merabet, Franck Brinsolaro. Alle donne e agli uomini di Charlie Hebdo per averci fatto pensare attraverso l’ironia e non fare della guerra al fanatismo solo un conflitto di forza, ma anche, e soprattutto, di intelligenza.

David Bidussa, storico sociale delle idee

(8 gennaio 2017)