Levi Papers – Null Achtzehn
La striscia di carta battuta a macchina da Primo Levi e ritagliata con le forbici va introdotta a pagina 35 dell’edizione De Silva, al primo capoverso. Il testo recita così: “Null Achtzehn è molto giovane, il che costituisce un pericolo grave. Non solo perché i ragazzi sopportano peggio degli adulti le fatiche e il digiuno, ma soprattutto perché qui, per sopravvivere, occorre un lungo allenamento alla lotta di ciascuno contro tutti, che i giovani raramente posseggono”. Viene inserita dunque nella pagina pubblicata nel 1947 arricchendo l’edizione del 1958. Un dettaglio. La pagina del 1947 continua così: “Null Achtzehn non è particolarmente indebolito, ma tutti rifuggono dal lavorare con lui. Tutto gli è a tal segno indifferente che non si cura più di evitare la fatica e le percosse e di cercare il cibo. Eseguisce tutti gli ordini che riceve, ed è prevedibile che, quando lo manderanno alla morte, ci andrà con questa stessa totale indifferenza”. Siamo nel capitolo intitolato Ka-Be. Null Achtzen è il sommerso di Se questo è un uomo per antonomasia. Il suo non è neppure un nome, bensì un numero, Zero Diciotto in italiano; sono le tre ultime cifre della sua matricola tatuata sul suo braccio. Si chiama così nel resto del libro. Non compare in molte scene. Quella che lo vede protagonista è questa, in apertura del capitolo dedicato all’infermeria del Lager dove Levi dovrà entrare per la ferita al piede provocata da un lavoro compiuto in coppia con Null Achtzen. Lo scrittore introduce nel 1947 il personaggio con questa frase: “No, in verità, in questo mio compagno di oggi, aggiogato oggi con me sotto lo stesso carico, non sento un nemico né un rivale”. L’uso del “No” a inizio frase è tipico di Levi, e in specie di questo libro. La frase con cui Levi presenta il sommerso è precisa e netta: pur essendo il Lager il luogo della lotta di tutti contro tutti, lui oggi non sente il suo compagno “un nemico né un rivale”. Le poche righe che aggiunge con la strisciolina di carta ci forniscono un dettaglio su Zero Diciotto: è un giovane. Un particolare che riguarda anche lo scrivente, perché Levi ha ventiquattro anni, come ha precisato nella nuova introduzione del 1958. “Avevo ventiquattro anni, poco senno, nessuna esperienza…”. Così è scritto nelle prime righe dell’inizio della edizione Einaudi, che oggi leggiamo. Levi come Null Achtzehn è un giovane ed esserlo costituisce “un pericolo grave”. Non lo dice di sé, ma trasferisce sul sommerso 018 il giudizio: i giovani non sopportano bene le privazioni, e soprattutto non sono preparati “alla lotta di ciascuno contro tutti”. Questa ricorda la strisciolina battuta a macchina. Nel 1947 ha già detto di Zero Diciotto altre cose: non è indebolito, ma indifferente; è caduto in quello stato catatonico che definisce i sommersi, o almeno i deportati che tra poco lo saranno. “Tutto gli è a tal segno indifferente che non si cura più di evitare la fatica e le percosse e di cercare il cibo. Eseguisce tutti gli ordini che riceve, ed è prevedibile che, quando lo manderanno alla morte, ci andrà con questa stessa totale indifferenza”. Si può ipotizzare che attraverso Zero Diciotto Levi parli di se stesso? In qualche misura sì. Anche Primo deve aver attraversato questo stato d’indifferenza; lo sa riconoscere perché l’ha sperimentato. Probabile. Molti dei personaggi presenti nel suo primo libro sono in qualche modo delle sue controfigure, degli alter ego. Non tutti, ma alcuni sì. Attraverso Null Achtzehn parla della propria giovinezza. Da qui la precisazione, il dettaglio ulteriore, una aggiunta di cinque o sei anni dopo. Una pennellata nel capitolo, ma che ha una sua ragione: la giovinezza. La voce di Primo Levi ci appare nelle pagine di Se questo è un uomo quella di un uomo maturo. Sono le parole che usa, i riferimenti letterari, l’autorevolezza spontanea che manifesta, la stessa retorica del dire, tutte cose che non devono essere piaciute ai suoi lettori in Einaudi nel 1946. Null Achtzehn ci mostra, tra le altre cose importanti, l’altra faccia di Primo, la sua immancabile giovinezza.
Marco Belpoliti, scrittore