Oltremare – Cerchi

fubiniNon succede tutti i giorni di scendere in piazza, nella nostra Kikar Rabin, centro di ogni attivismo cittadino telavivese, dalle maratone alla fiera del libro e ovviamente alle manifestazioni più o meno spontanee, e incontrare nella folla i leader dei partiti di minoranza, a zonzo come noi cittadini. Sabato sera nella Kikar, Tzipi Livni, Erel Margalit, Boogie Hetzog, Stav Shaffir fra quelli che ho incrociato, non si apprestavano a salire sul palco e non ne erano appena scesi. Una serata a piano terra, in mezzo al pubblico ma senza slogan o applausi: deve essere stato ben strano per loro. Invece di arringare il popolo e convincerlo ad appoggiare la loro politica (quelli che ne hanno una), si sono messi in fila tutti insieme a noi semplici cittadini, per farsi fotografare con un reduce di Tzuk Eitan, l’ultima guerra con Hamas che ha lasciato sul campo di battaglia 67 soldati israeliani e ha prodotto 67 famiglie in lutto perenne, di generazione in generazione.
Lui, Ziv Shilon, se l’è cavata, ma ha perso un braccio. E venerdì ha pubblicato un post molto accorato sulla sua pagina privata di Facebook, chiamando gli amici a raggiungerlo in piazza, la piazza che è cosa (casa) di tutti, religiosi e laici, uomini e donne, gente di destra e di sinistra, e via dicendo. Parliamo, ha scritto, smettiamola di alzare il livello di violenza verbale. In piazza sono arrivate pile di sedie di plastica, portate da una organizzazione che da anni fa questo tipo di incontri. Le sedie sono state messe a cerchi di sei/otto posti, e i cittadini hanno sfidato il freddo e il vento, che in piazza soffia sempre ma sabato sera era gelido, e hanno parlato. Cosa si siano detti tutti quei cerchi di persone chi lo sa. Ma è stato bello vedere la voglia che tutti avevano di aggiungere una sedia qui, aprire un nuovo cerchio là: Kikar Rabin è grande e ci stiamo tutti.
Facessero qualcosa di simile i nostri leader, su alla Knesset, scommetto che riuscirebbero a disincagliare Israele dagli scogli di odio reciproco e recriminazioni in cui siamo incastrati.

Daniela Fubini, Tel Aviv Twitter @d_fubini