JCiak – Quei feroci Animali notturni
A un giornalista del Guardian che gli chiedeva perché si era fatto crescere assicurò, un anno fa, che non era una moda hipster. E che gli piaceva essere stato paragonato da qualcuno a un ebreo hassid. “È stato bello perché ho capelli molto ricci e perché sono ebreo”. Non sarà abbastanza come attestato di ebraismo, ma è sufficiente per soffermarsi su Aaron Taylor-Johnson, inglese, 26 anni, già distintosi in Nowhere Boy e Kick-Ass, appena insignito del Golden Globe per la sua strabiliante interpretazione dell’efferato Ray Marcus in Animali notturni di Tom Ford.
La scelta di Taylor-Johnson non ha mancato di suscitare qualche ironia. Nei film di Tom Ford, già direttore creativo di Gucci, persino i criminali più incalliti sono belli, ha commentato qualcuno.
Sull’estetismo di Ford non c’è dubbio ma anche o forse proprio per questo, Animali notturni è un film notevole. Nulla da dire nemmeno sulla prestanza dell’attore.
È quel genere di uomo che dal vivo riesce a strappare aggettivazioni del tipo “è scolpito nel marmo più puro: una specie di statua di Davide, maglietta da skate e pantaloncini mimetici” (parole di Stephanie Rafanelli dell’Evening Standard, non di una fan in bollore).
Ciò che conta, per lo meno ai Golden Globe, è però la qualità attoriale. E quella di Taylor-Johnson è davvero strepitosa. In Animali notturni L’attore si cala nei panni del criminale texano con un mimetismo ipnotico.
L’accento, che nel doppiaggio purtroppo si perde, gli sguardi, i gesti, perfino il modo in cui esibisce i suoi stivali verdi da cow boy danno vita a un personaggio che in principio inquieta e alla fine mette i brividi.
Animali notturni è un film violento, sanguinoso, crudele e Aaron Taylor-Johnson s’inserisce nel quadro come se gliel’avessero dipinto addosso. Verso il finale, quando il plot si scioglie, riesce addirittura a sembrare repellente.
Pensare che, dopo una carriera iniziata da ragazzino e consolidata a suon di action movies, a 19 anni era balzato alle cronache perché fresco sposo della regista Sam Taylor-Wood, ventitre anni più vecchia di lui. “Io sono una anima vecchia, lei è un’anima giovane. Noi non vediamo la differenza di età, vediamo solo l’un l’altra”, si era limitato a commentare Aaron.
Tre anni dopo, nel 2012, si era distinto come coprotagonista in Le Belve di Oliver Stone per deludere invece nei panni del conte Vronskij in Anna Karenina di Joe Wright con Keira Knightley – ma chi mai potrebbe degnamente impersonare l’affascinante conte? Adesso il Golden Globe rimette le cose a posto. Aaron Taylor-Johnson, che nel frattempo si è tagliato il barbone hassidico, è un attore coi fiocchi.
Daniela Gross
(12 gennaio 2017)