L’identità che guarda al futuro
Consiglio UCEI a confronto
Identità e presenza ebraica, quale scenario per il futuro?
Questo il tema che ha segnato la prima parte della riunione del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane di domenica 15 gennaio a Roma.
Tema, di grande attualità, che è stato al centro di molteplici interventi e riflessioni.
Ad aprire la sessione un inquadramento generale del professor Sergio Della Pergola, tra i massimi esperti di demografia al mondo, che ha permesso di cogliere differenze e analogie tra le varie Comunità anche in relazione ai fenomeni avvenuti a livello macro in questi ultimi decenni. Fenomeni che hanno cambiato, tra le altre, la realtà di Israele ma soprattutto il volto della Diaspora: i tassi di natalità e il tema dei matrimoni misti, ha spiegato Della Pergola, sono soltanto alcune delle questioni che stanno modificando il mondo ebraico.
“Identità e futuro” le parole chiave individuate dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che ha parlato sia di emergenza demografica che di emergenza qualitativa del modo in cui da alcuni viene vissuto il proprio ebraismo. Da parte del rav, che ha fornito alcuni dati relativi alle principali criticità (tra cui il calo vistoso delle nascite rispetto agli Sessanta e Settanta del secolo scorso), è arrivato l’invito a prendere atto dei fenomeni in tutta la loro grandezza e ad intervenire con strumenti più aggiornati e organizzati.
Le principali difficoltà sono state analizzate anche dal professor Gabriel Levi, che ha comparato la realtà numerica dell’ebraismo italiano di pochi decenni fa con quella odierna. Un drastico calo, molti problemi aperti. Una via d’uscita però ci sarebbe: è nella Torah, dice il professore. Ma in una Torah condivisa, non per “pochi ma buoni”. È nella capacità di non escludere chi si ritiene diverso da noi, di non perdere nessuno per strada.
L’invito alla leadership UCEI dello storico sociale delle idee David Bidussa, in collegamento telefonico da Milano, è a guardare ai paesi più vicini all’Italia, a stringere alleanze, a rafforzare relazioni e progettualità. È pressante la sfida di ripensarci, afferma lo studioso. Ma questa crescita non può avvenire da soli, con le esigue forze numeriche di cui dispone l’ebraismo italiano. Serve una rete sempre più estesa. Serve una capacità reale di andare oltre le frontiere.
Introdotti dal sociologo Enrico Finzi, sono poi intervenuti con alcune riflessioni diversi esponenti del Consiglio UCEI. Queste le domande poste da Finzi: “Abbiamo un futuro? Come pensiamo di avere quella propositività che ci spinge in quella direzione?”.
Nessuno deve sentirsi escluso, l’accoglienza va rinforzata. Un concetto chiaramente sostenuto da tutti i protagonisti.
Ad aprire gli interventi una riflessione di Joyce Bigio, prima esponente reform nel Consiglio UCEI, cui hanno fatto seguito le parole di Raffaele Sassun, Guido Osimo, Gianni Ascarelli, Davide Romanin Jacur, Livia Ottolenghi, Gianluca Pontecorvo, Mauro Tabor, Victor Magiar, Jacqueline Fellus, Raffaele Turiel, Roberto Israel, Elisabetta Innerhofer, Mino Di Porto, Ruth Dureghello, Cobi Benatoff, rav Alfonso Arbib e Saul Meghnagi, Sara Modena, Dalia Gubbay e Giorgio Mortara, Claudio Moscati, Sara Cividalli e Milo Hasbani.
A partecipare alla sessione anche il rabbino chabad Shalom Hazan e il presidente dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia Ariel Nacamulli.
(15 gennaio 2017)