…Hecht
È sempre più difficile e imbarazzante parlare di memoria.
Il 20 aprile 1945, mentre l’esercito americano si stava avvicinando, i nazisti cercarono di evacuare il campo di concentramento di Flossenburg costringendo ventiduemila prigionieri a una marcia forzata verso il campo di Dachau. Durante la marcia morirono settemila persone, molte di queste uccise perché non in grado di proseguire.
Il 23 aprile 1945, Anthony Hecht, ventiduenne, entrò nel campo di Flossenburg con le truppe americane di liberazione e, come agente del controspionaggio, ebbe l’incarico di raccogliere fra gli internati le testimonianze sui crimini di guerra, testimonianze che sarebbero state poi usate durante il processo di Norimberga. Quelle interviste e quei racconti produssero nella mente di Hecht un trauma indelebile che segnò la sua vita e la sua poesia.
Hecht, nato da genitori di origini ebraico-tedesche, divenne uno dei maggiori poeti del Novecento americano; fu insignito di innumerevoli premi e riconoscimenti, fra i quali il Rome Prize della American Academy di Roma nel 1952, il Premio Pulitzer per la poesia nel 1968, il Premio Librex Montale nel 1983. Fra il 1982 e il 1984 ricoprì il prestigioso incarico di Poet Laureate consulente per la poesia della Library of Congress di Washington.
La sua poesia non è mai riuscita a risolversi in liberatoria sublimazione del ricordo: la Shoah vi è presente come ricordo ossessivo e come interrogazione irrisolta.
Il libro di Yolek appartiene alla raccolta The Transparent Man, 1990.
IL LIBRO DI YOLEK
Wir haben ein Gesetz,
Und nach dem Gesetz soll er sterben.
I carboni smorzati sbuffano e fischiano dopo il pasto
di trota alla griglia, e tu te ne vai in giro senza meta
per il viottolo di felci, non importa dove,
solo per trovarti settimane e mondi lontano da casa,
e fra colline di mezza estate hai piantato il campo
nel bronzeo fasto del giorno che muore.
Ti ricordi, sereno, un altro giorno
d’infanzia, ricordi un pasto ben preciso:
una pannocchia arrostita e il falò in un campo estivo.
L’estate che ti smarristi in una Passeggiata Naturalistica;
più di quanto tu non abbia voluto ammettere, pensasti a casa;
nessuno ha idea di dove vada a perdersi la mente.
Cinque agosto 1942.
Era mattino, faceva molto caldo. Fu il giorno in cui
vennero all’alba coi fucili alla Casa
per Bambini Ebrei, e interruppero il pasto
di minestra e pane, e li misero in fila a camminare
in formazione serrata verso un campo particolare.
Ci hai pensato spesso a quel campo,
come se per un oscuro caso ci avessero portato anche te,
e ai fanciulli, e a come li fecero camminare,
Yolek col male ai polmoni, che non aveva
più di cinque anni, costretto a interrompere il pasto
per scalpicciare fra guardie armate diretto alla sua tomba.
Fra un po’ sarà per noi di nuovo agosto. Rinnoverà
le regole strazianti di quel campo
a cui mandarono Yolek, il suo misero pasto lasciato a metà,
la recinzione elettrica, i numeri tatuati,
il caldo insopportabile del giorno
quando furono costretti alla terribile camminata.
Che cammini in silenzio e solitario
o fra una folla immensa, lontano o al sicuro a casa tua,
impotente, ricorderai quel giorno,
e l’odore del fumo, e gli altoparlanti del campo.
Ovunque tu sia, lì ci sarà anche Yolek.
Il suo nome muto interromperà il tuo pasto.
Preparati a riceverlo un giorno a casa tua.
Anche se l’hanno ucciso nel campo a cui l’han spedito,
lui entrerà da te nell’ora del tuo pasto.
(Anthony Hecht – 1923-2004)
Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia
(18 gennaio 2017)