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Le nottole della Memoria

alberto cavaglionTroppo facile protestare. Quando la legge sul Giorno della Memoria stava per essere votata, fui tra i pochi a denunciare i rischi della celebrazione, ma adesso che la legge c’è, poiché mi procuro da vivere come dipendente pubblico, penso che le leggi dello Stato quando ci sono vadano rispettate. Certo non sempre abbiamo “chi ponga mano a ella”, ma predicare il boicottaggio mi sembra inopportuno. Dico così perché proprio in questi ultimi due anni, mentre impazzava il tiro al bersaglio contro il 27 gennaio, il cielo stellato si riempiva di “nottole della Memoria”. Hegel, come si sa, sosteneva che la filosofia sia simile alla “Nottola di Minerva” (una specie di civetta, uccello sacro alla dea della Sapienza) che inizia il suo volo al crepuscolo, quando il sole è già tramontato. Quello che Hegel diceva della filosofia noi possiamo dire della Memoria della Shoah, che forse inizia a compiere il suo cammino quando sembra avviarsi al suo declino.
Nottole della Memoria sono quelle iniziative che tolgono dall’oblio figure di cui, per le più diverse ragioni, nessuno si occupava quando nessuno osava muovere critiche al ricordo. Le Nottole della Memoria rivalutano oggi i dimenticati di ieri.
Ciascuno scelga la sua. La mia Nottola della Memoria 2017 è il musicista Leone Sinigaglia, intorno al quale il Conservatorio di Torino sta raccogliendo materiali inediti in vista di una mostra che sarà una rivelazione, non solo per gli appassionati di Mahler. Nel famoso saggio “Gli Ebrei d’Italia” di Arnaldo Momigliano, il nome di Leone Sinigaglia torna due volte, caso unico nell’economia di un articolo dove in una decina di pagine sono concentrati i nomi fondamentali (una quarantina non di più) nella bimillenaria memoria ebraico-italiana. Lo si ricorda così: “Lo squisito musicista che raccolse i canti piemontesi, l’unico allievo italiano di Mahler a Vienna”. Della sua morte si dà una versione imprecisa: “Morì quando i nazifascisti bussarono alla porta della sua casa”. La ricerca del Conservatorio torinese sta facendo luce sulla sua orribile morte, sul delatore che lo fece arrestare in una triste stanza dell’ospedale Mauriziano dove aveva trovato rifugio pochi giorni dopo la morte della adorata sorella Alina. Valeva la pena di ascoltare tanti lai contro il 27 gennaio, per assistere in una di queste gelide notti di gennaio, ad un così armonioso, musicale volo di questa nottola della memoria che ci aiuta a guardare con speranza al domani.

Alberto Cavaglion

(18 gennaio 2017)