Torino, una pietra per Leone Sinigaglia
Ancora una “Pietra d’inciampo” a Torino, posta ieri in memoria del musicologo Leone Sinigaglia.
Torino ospita per il terzo anno tale iniziativa che prevede la posa di 18 pietre, arrivando così ad un totale di 85 pietre sul territorio. Molte le autorità presenti alla posa in ricordo di Sinigaglia, una posa che contiene un’anomalia: di solito le pietre d’inciampo vengono poste in prossimità dell’abitazione delle vittime, in questo caso però i parenti di Leone, in particolare il nipote Giorgio Sinigaglia, si è prodigato, tramite il Museo Diffuso che gestisce l’iniziativa, di porre la pietra davanti all’ingresso del Conservatorio Giuseppe Verdi, dove Leone ha studiato, composto e insegnato nel periodo più florido della propria vita. A prendere la parola durante la cerimonia è Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio Regionale, che nel suo intervento si rivolge principalmente ai giovani studenti che hanno presenti al momento della posa. Sono seguite le parole dell’assessore alla cultura Francesca Leon che definisce le “Pietre d’inciampo”, un luogo di memoria quotidiano. Poi è il presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni, ad intervenire per raccontare chi fosse Sinigaglia, e come la sua vita insieme a quella della sorella Alina, si sia arrestata tragicamente per via di un infarto, pochi istanti prima di essere arrestato della Gestapo. Al momento della persecuzione i due fratelli si erano nascosti, ma senza procurarsi documenti falsi, all’ospedale Mauriziano, nel reparto malattie infettive creato apposta da un medico nel tentativo di salvare alcune vittime delle persecuzioni. Ma il 16 maggio del 1944 le milizie della Gestapo irruppero nella stanza dove erano nascosti Leone e Alina. L’arresto non riuscì perché Leone all’arrivo dei miliziani morì d’infarto. Nella confusione generale la sorella riuscì poi a mettersi in salvo, ma meno di un mese dopo la morte del fratello, anche lei mori di crepacuore. Presenti alla cerimonia anche Guido Vaglio, direttore del Museo Diffuso della Resistenza, Marco Zuccarini, direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi e Rav Ariel Di Porto, rabbino capo di Torino.
La memoria non si arresta alla sola posa, nel pomeriggio infatti è stato previsto un concerto, proprio perché la vita di Sinigaglia era fatta di note, partiture e musica. Inoltre, sempre negli spazi del conservatorio di Piazza Bodoni è stata allestita la mostra “Leone Sinigaglia tra Cavoretto e Torino (1938 – 1944): gli ultimi anni. Testimonianze edite ed inedite”, realizzata assieme a Istoreto e curata da Gigliola Bianchini. La mostra ripropone al pubblico tutta l’opera musicale di Sinigaglia e alcuni documenti e fotografie contenute nell’omonimo fondo, donato alla biblioteca del conservatorio da Luigi Rognoni, musicologo e critico musicale, che poco prima delle persecuzioni si era fatto carico di conservare le partiture di Leone.
Alice Fubini
(18 gennaio 2017)