Run For Mem, una corsa per la vita
Le tappe del percorso lungo

Passione e impegno civile a Run For Mem, la corsa tra Storia e Memoria organizzata per questa domenica a Roma dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane con il supporto di Maratona di Roma e Maccabi Italia.
Enti, associazioni, comunità religiose, gruppi podistici, tanti comuni cittadini al via. La partenza alle ore 10, da Largo 16 Ottobre. Due i percorsi possibili: uno aperto alle famiglie, di 3,5 chilometri; e uno più competitivo di dieci chilometri (per quest’ultimo è necessario iscriversi sul sito di Run for Mem, dove è possibile scaricare il modulo per la deroga sul blocco della circolazione previsto per domenica).
Largo 16 Ottobre, Via degli Zingari, Via Urbana, Via Tasso, i Giardini di Consiglio a Testaccio: queste le tappe del percorso lungo, che vi presentiamo oggi con alcune schede di approfondimento.

LARGO 16 OTTOBRE

La manifestazione inizierà in piazza 16 ottobre 1943, in pieno quartiere ebraico. Qui avverrà la distribuzione delle magliette e del materiale da parte dei volontari. Dopo i saluti e i discorsi delle autorità che si terranno nei vicini Giardini del Tempio, i partecipanti prenderanno posto ai nastri di partenza, e sarà dato avvio a Run for Mem, prima corsa di questo tipo in Europa, nata per parlare di Memoria e di valori attraverso sport e cultura.
Piazza 16 ottobre 1943 è intitolata a uno degli episodi più bui della storia dell’occupazione nazista e della Shoah italiana: la deportazione degli ebrei romani.
Quel 16 ottobre, un piovoso sabato di autunno, era anche un giorno di festa: si celebrava Sukkot, la festa delle capanne. I primi ordini vennero impartiti ai soldati tedeschi all’alba. La città fu divisa in ventisei distretti e le tre compagnie di polizia tedesche incaricate del rastrellamento vennero raggiunte da altre forze naziste.
Erano le cinque e trenta quando i soldati fecero irruzione nei palazzi e negli appartamenti, sorprendendo nel sonno le famiglie, alle quali venne consegnato un biglietto con istruzioni che avrebbero dovuto seguire alla lettera: avevano venti minuti per preparare le valigie e seguire i soldati. Tutti erano obbligati ad obbedire agli ordini, anche gli anziani, i bambini piccoli e le persone malate.
A fine mattinata oltre milleduecentocinquanta persone furono portate dai camion al Collegio Militare, in Via della Lungara. Lì ne vennero rilasciate quasi duecentocinquanta, arrestate per errore o non riconosciute come ebree.
Il 18 ottobre, milletrentanove persone partiranno dalla stazione Tiburtina con destinazione Auschwitz, dove giungeranno il 22 ottobre. Al loro arrivo subiranno la terribile selezione, durante la quale saranno indicate per sopravvivere alle camere a gas solamente centoquarantanove uomini e quarantasette donne. Ritorneranno in sedici, tra di loro solo una donna, Settimia Spizzichino.
Circa la metà degli ebrei furono catturati nel quartiere del vecchio ghetto, e i camion su cui furono caricati si trovavano in queste vie.

VIA DEGLI ZINGARI

In Via degli Zingari, nel quartiere Monti, sotto la lapide che ricorda la deportazione di Rom e Sinti, si terrà una accensione di lumi e una performance musicale.
La diffusa ostilità e pregiudizio presenti in diverse società europee verso persone di etnia Rom e Sinti si tradusse, nella Germania nazista, in una vera a propria persecuzione dettata principalmente da motivazioni razziali: gli appartenenti a questa minoranza furono perseguitati, imprigionati, utilizzati per esperimenti medici e uccisi in quanto considerati geneticamente inferiori.
Rom e Sinti furono anch’essi vittime della legislazione razzista tedesca (le Leggi di Norimberga) e, in una prima fase, furono addirittura inclusi nel criminale piano di sterilizzazione messo in atto dal nazismo (Aktion T4), rivolto alle persone con disabilità fisiche e mentali.
L’avvento della guerra significò per Rom e Sinti l’inizio delle deportazioni, delle violenze e degli omicidi arbitrari, non solo su territorio tedesco, ma su tutti i territori annessi o occupati. Sulla presenza degli zingari nei campi di concentramento e sterminio esiste una documentazione frammentata, ma sufficiente a testimoniare della loro prigionia un po’ ovunque. La loro presenza risulta documentata nei campi di Dachau, a Lachenback, a Majdanek, a Mauthausen, a Buchenwald, a Ravensbrück, a Treblinka e anche a Sobibor, Bełżec, Gross-Rosen, Gusen, Natzweiler, Theresienstadt.
Ad Auschwitz una intera sezione (Zigeunerlager, “Campo degli zingari”), attiva dal febbraio 1943 all’agosto 1944, fu costituita a tale scopo: vi trovarono la morte circa 19.300 dei 22.600 deportati di etnia Rom e Sinti.
E’ accertato che oltre centomila Rom e Sinti furono uccisi a causa della persecuzione nazista. Alcuni storici parlano invece addirittura di diverse centinaia di migliaia di vittime. Nella lingua romanì, esiste un termine equivalente a Shoah, con il quale è indicato ciò che accadde durante il nazismo: Porrajmos (“distruzione”, “divoramento”).

VIA URBANA

In Via Urbana, nel quartiere Monti, sarà apposta una pietra e una corona di fiori dedicata alla Memoria di Don Pietro Pappagallo, sacerdote che divenne uno dei simboli della Resistenza romana.
Don Pietro Pappagallo nacque a Terlizzi, in provincia di Bari, il 28 giugno 1888, da una famiglia di modeste condizioni economiche, quinto di otto fratelli. Il padre svolgeva l’attività di cordaio e la madre era casalinga. Venne ordinato sacerdote nel 1915.
Giunto a Roma nel 1925, don Pappagallo entrò a far parte del Collegio dei Beneficiati della Basilica di Santa Maria Maggiore e diventa padre spirituale delle Suore Oblate del Santo Bambino Gesù di via Urbana; fu anche vice parroco della Basilica di San Giovanni in Laterano e segretario del cardinale Ceretti. Durante l’occupazione tedesca – come si legge nelle motivazioni del conferimento della medaglia d’oro al merito civile conferitagli il 13 luglio 1998 dall’allora Presidente Carlo Azeglio Ciampi – collaborò intensamente alla lotta clandestina e ospitò presso il convento del Bambino Gesù a Via Urbana persone ricercate dal regime, fornendo aiuto a soldati sbandati, partigiani, alleati, ebrei.
Il 29 gennaio 1944, a seguito di una delazione, il sacerdote venne arrestato dalle SS. Condannato a morte, venne assassinato il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine, unico sacerdote tra le 335 vittime trucidate.
La figura di Don Pietro Pappagallo, insieme a quella di don Giuseppe Morosini, ispirò Roberto Rossellini nella creazione del personaggio di Don Pietro Pellegrini nel film “Roma città aperta”. Giovanni Paolo II, in occasione del giubileo dell’anno 2000, ha incluso don Pietro Pappagallo tra i martiri della Chiesa del XX secolo.

VIA TASSO

Nel corso della manifestazione, una corona di fiori sarà apposta in Via Tasso, dove sorge il Museo storico della Liberazione, allestito nei locali dell’edificio che, nei mesi dell’occupazione nazista di Roma, venne utilizzato come carcere dai tedeschi.
Dopo l’occupazione di Roma, l’edificio di via Tasso 145-155 che già ospitava gli uffici culturali dell’ambasciata tedesca, divenne la sede del comando Sichereitdienst (SD, servizio di sicurezza) e della Sicherheitdienst polizei (SIPO, polizia di sicurezza), sotto il comando del tenente colonnello Herbert Kappler. Era il luogo dove si veniva portati, anche senza motivo, interrogati, detenuti e torturati e da cui si poteva uscire destinati al carcere di Regina Coeli, al Tribunale di guerra (che decideva sulle condanne al carcere in Germania o alla fucilazione al Forte Bravetta), alla deportazione, oppure, come accadde per molti, alle Fosse Ardeatine.
Come raccontato nel sito del Museo Storico della Liberazione (www.museoliberazione.it), passarono per via Tasso circa duemila tra donne e uomini, partigiani, militari e cittadini comuni. Dopo la Liberazione l’edificio fu occupato da sfollati, finché negli anni ‘50 la proprietaria donò allo Stato quattro appartamenti con l’esplicita clausola che vi si dovesse creare il Museo Storico della Liberazione, inaugurato il 4 giugno 1955.
Le celle di detenzione sono ancora come furono lasciate dai tedeschi in fuga. Queste stanze sono oggi dedicate alla memoria di coloro che vi furono detenuti, e ricordano le più drammatiche e significative vicende nazionali e romane dell’occupazione.
Inaugurato il 4 giugno 1955, ispirato ai memoriali militari e istituito come ente pubblico autonomo con legge 14 aprile 1957, n. 277, il Museo storico della Liberazione “ha per fine di assicurare al patrimonio storico nazionale la più completa ed ordinata documentazione degli eventi storici nei quali si concentrò e si svolse la lotta per la liberazione di Roma durante il periodo 8 settembre 1943 – 4 giugno 1944”.

GIARDINI DI CONSIGLIO

La corsa passerà anche nello storico quartiere di Testaccio, dove un giardino pubblico è dedicato alla famiglia Di Consiglio, una famiglia ebraica quasi completamente distrutta dalle deportazioni e nelle strage delle Fosse Ardeatine. In ricordo, l’attrice Francesca Gatto leggerà dei brani da “La farfalla impazzita” (Giuntina), il libro di Giulia Spizzichino, scomparsa solo poche settimane fa, che ai Di Consiglio era strettamente imparentata. Nel libro Giulia Spizzichino racconta la sua vita, e la sua lotta per far estradare e condannare Erich Priebke, uno dei principali artefici della strage delle Fosse Ardeatine: per raggiungere il suo scopo, e perorare la causa dell’estradizione, Spizzichino giunse a recarsi in Argentina, dove il criminale nazista si era rifugiato.
Oltre alle letture, Valeria Spizzichino, sorella di Giulia, porterà la sua testimonianza.
La famiglia Di Consiglio viveva nel quartiere Testaccio. Mosé e Orobona Di Consiglio avevano dieci figli, alcuni di essi, a loro volta, sposati e con figli. Già il 16 ottobre del ’43, nella grande razzia degli ebrei romani, furono catturate due delle nuore della famiglia con i loro bambini, che si erano fermate a dormire presso le loro madri, nel quartiere del vecchio ghetto. Il 21 marzo 1944 l’intera famiglia fu trovata e arrestata dai tedeschi, proprio sotto gli occhi di Giulia Spizzichino (e di sua sorella Valeria, che allora aveva otto anni), allora diciassettenne, che vide tutto da una finestra dell’edificio di fronte.
Mosè, il figlio maggiore Salomone con i suoi tre figli maggiori Franco, Marco e Santoro Di Consiglio, Cesare Spizzichino e Angelo Di Castro, rispettivamente nipote e genero di Mosè, perirono nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Gli altri persero la vita nella deportazione ad Auschwitz. In tutto, ventisei membri della famiglia Di Consiglio furono uccisi nella Shoah.

(20 gennaio 2017)