Rav Disegni, una traccia profonda
Un limmud. Questo è sicuramente ciò che un rabbino della caratura di rav Dario Disegni, prima di tutto maestro devoto alla professione che ha fatto dell’insegnamento il fondamento stesso del proprio ruolo di guida spirituale, avrebbe proposto in ricordo di una persona importante. E così è stato. In occasione del cinquantenario dalla sua scomparsa la Comunità ebraica di Torino, dove rav Disegni rivestì il ruolo di rabbino capo dal 1935 al 1960, ha voluto indire una giornata di studio per celebrarne la memoria. Molti i rabbini che si sono alternati sul banco dei relatori per rendere omaggio al rav Disegni con una lezione, un ricordo vivo, una riflessione, un insegnamento. Il macrotema “Dalla Torah al Talmud, dal Talmud alla Torah” si è così declinato nei diversi interventi.
Ad aprire i lavori le parole del presidente della Comunità ebraica di Torino, Dario Disegni, omonimo nipote del rav. “Scriveva Rav Sergio Sierra, suo successore nella cattedra rabbinica di Torino, nel volume ‘Miscellanea di studi in memoria di Dario Disegni’ (Torino, 1969, stampato con i tipi della Tipografia Giuntina): “Dario Disegni non fu uno studioso che dedicò la sua lunga ed intensa vita alla pura ricerca scientifica, ma un Talmid-Chacham che affrontò ogni problema di conoscenza per trasmettere convinzioni di vita ebraica sempre più salde ai suoi allievi. Egli adeguò la sua vita alla norma secondo la quale ‘è importante lo studio che conduce all’azione pratica, e non v’è dubbio che tale scelta sia stata favorita anche dal suo naturale temperamento, dalla sua personalità combattiva, dinamica, in continua ricerca di realizzazioni”. Parole, quelle di rav Sierra, che ben descrivono quanto l’insegnamento fosse centrale per rav Disegni.
“Traduzione” e “Tradizione”, questi i titoli delle due sessioni della giornata di studio, due termini che ben sintetizzano la poliedrica figura del rav Disegni. Traduzione perché si vuol fare riferimento all’attività che svolse in quanto ideatore, organizzatore e traduttore, insieme ad altri rabbini italiani, della Torah e dei libri di preghiera per tutti i Mo’adim, per Shabbat e i giorni feriali. Tradizione perché è sulla tradizione ebraica che si basa il suo intero apparato didattico.
La sessione mattutina si è aperta con l’intervento di rav Ariel Di Porto, rabbino capo di Torino, su “Tradurre la Bibbia dall’antichità a oggi”. Nell’intervento il rav ha messo in luce l’importanza della traduzione da una parte, ma i rischi insiti in tale operazione. “Il rischio di deformare il testo traducendolo è pressochè inevitabile. I Maestri della tradizione ebraica erano consci di tale pericolo. R Yehudah afferma: ‘Chi traduce un verso secondo la sua forma – è un inventore; chi aggiunge è uno che lo deforma e lo diminuisce”. È seguita l’analisi di due casi specifici: la traduzione dei Settanta, quella in lingua greca e le traduzioni aramaiche.
È poi intervenuto in videoconferenza rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, per approfondire il tema “Targum Onqelos, riscopriamo un grande tesoro”. Ripercorre la vicenda dell’autore, Onqelos appunto, che non nasce come ebreo, ma pagano e nobile legato alla famiglia imperiale romana, figlio di una sorella di Tito oppure nipote di Adriano. Lui studiò l’ebraismo, se ne innamorò e decise di diventare ebreo. Il Targum Onqelos è appunto la traduzione della Bibbia in aramaico. Una traduzione, spiega rav Di Segni, che si basa su molteplici sfumature di significato legate proprio all’aramaico, e per tale ragione racchiude ricchezze testuali enormi per lo studio della Torah, un tesoro purtroppo oggi trascurato.
È poi rav Giuseppe Momigliano, rabino capo di Genova, a prendere la parola con una lezione su “La haftarah: un ponte tra Torah e profeti”. In particolare si è soffermato sul legame che intercorre tra la lettura della parasha e la stessa haftarah, un legame che si esplica da un punto di vista normativo: ad esempio il fatto che le due letture richiedano la presenza del minian. Il legame può dipendere anche dalla comunanza di argomento, oppure dall’attribuzione alla haftarah di ruolo di “interprete” rispetto alla parasha.
Quarto intervento “Esperienza di un traduttore”, relatore Moise Levy , traduttore di professione e membro della Comunità ebraica di Milano, che ha ripercorso commosso la sua esperienza di studente proprio nel collegio Margulies Disegni. “Sono arrivato a Torino all’età di 12 anni e immesso nel collegio, ho assorbito la mia vita ebraica e lo studio e da rav Dario Disegni ho assorbito l’amore per Torah. Rav Disegni è colui che mi ha avvicinato allo studio, dimostrando un impegno assoluto per la mia causa fin dal primo incontro”.
È poi rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara, ad aprire la sessione pomeridiana con un contributo personale “Rav Dario Disegni, mio Maestro”. Intervento dove ciò che emerge è appunto il Rav Disegni maestro, nelle sue diverse sfaccettature. Innanzi tutto nel suo rapporto con gli allievi: “Si è conquistato la stima e l’affetto di tutti gli allievi perchè lui sapeva interpretare le esigenze di ognuno. L’allievo aveva la sensazione che dietro la severità si celasse un grande affetto”. Maestro nel suo modo di vivere: “Rav Disegni era sempre di corsa e sempre proiettato verso il futuro, ma sempre con l’occhio aperto verso il passato e i propri maestri”. La scuola rabbinica, ha proseguito rav Caro, era in assoluto la sua creatura preferita. Una creatura a cui ha dedicato “le parti migliori della sua esistenza”.
È poi rav Jacov Di Segni, membro dell’Ufficio Rabbinico di Roma ad intervenire riportando alcune parole che lo stesso rav Disegni pronunciò nel discorso di commemorazione per rav Margulies il 9 marzo 1947: “Il modo migliore per ricordare una persona e un maestro è fare un limmud”.
Segue rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, con l’intervento “La montagna rovesciata (Shabbat 88): come fu vissuto il Dono della Torah?”. Al centro dell’intervento il midrash e l’atteggiamento critico che deve accompagnare il suo studio. La criticità si traduce nella necessità di interpretazione: “Il midrash è una metafora che va interpretata, e non va presa alla lettera”.
È poi rav Roberto Colombo, in rappresentanza delle Scuole Ebraiche di Roma a parlare di “D. mi ha posto come Signore per tutto l’Egitto” (Bereshit 45,9). Tema centrale il rapporto tra gli ebrei e gli altri, tra assimilazione e chiusura. E a questo proposito ha ripercorso la vicenda di Josef e i suoi fratelli, il primo verso l’apertura, gli altri verso una maggior chiusura. L’apertura eccessiva, spiega rav Colombo, porta alla fine dell’identità. “Bisogna aprirsi all’altro non prima di aver racchiuso dentro di noi una nostra identità, solo così ci si può aprire verso l’esterno”. Rav Disegni riuscì a mettere in pratica tale atteggiamento. “Quando avrò qualcosa di mio potrò trasmetterlo”, questo qualcosa è rappresentato nel suo caso dal progetto di traduzione della Torah.
“Torah Scritta e Torah Orale: dallo scrittoio del Gaon di Vilna” è il tema conclusivo sviluppato in un testo scritto da rav Alberto Moshe Somekh, direttore della Scuola Rabbinica Margulies-Disegni.
“Il Gaon di Vilna ci ha suggerito due diverse metafore per definire la Torah, e la Torah Orale in particolare: la Torah come deposito e la Torah come vino. Esiste effettivamente un passo normativo del Talmud che ci parla di una botte di vino che il padrone ha affidato in deposito a custodi”. E la metafora viene così spiegata: “Se il custode che preleva una parte del vino dalla botte a suo uso e consumo e così facendo provoca l’inacidimento del resto è responsabile di tutto quanto il danno, anche noi Ebrei siamo responsabili dell’integrità di quel vino prezioso che ci è stato dato in deposito e che è chiamato Torah. Abbiamo cioè la proibizione di diminuirlo a nostro piacimento. Qualsiasi riduzione del contenuto della botte potrebbe provocare l’avaria di tutto l’insieme. La Torah è delicata come il vino. Per questo alla Torah Scritta, che stabilisce l’essenza si deve affiancare la Torah Orale, che ha il pregio di rimandarci alle istruzioni per l’uso concreto affinché non ne abusiamo”.
(Nell’immagine i rabbini protagonisti della giornata di studio insieme ai nipoti del rav Dario Disegni)
Alice Fubini
(24 gennaio 2017)