Venezia, storie di Giusti
Un evento dedicato ai “Giusti tra le nazioni” alla Biblioteca Nazionale Marciana, organizzato in occasione delle manifestazioni cittadine per il Giorno della Memoria 2017. Dopo i saluti di Maurizio Messina, direttore della Biblioteca Nazionale Marciana, di Paolo Navarro Dina, consigliere della Comunità ebraica, e di Luciana Colle, vicesindaco del Comune di Venezia, sono seguiti gli interventi di Andrea Tagliapietra, filosofo Università Vita-Salute San Raffaele, Milano e Don Diego Sartorelli, direttore dell’Archivio storico del Patriarcato di Venezia.
Durante l’incontro sono state rievocate le vicende di Don Vittorio Cavasin, sacerdote salesiano che in Piemonte diede protezione a bambini ebrei durante la persecuzione nazifascista e di Suor Paola (Emilia Taroli), che nel suo convento vicino alla chiesa di Santa Giustina, a Venezia accolse due bambine, Tina e Giuseppina Dina, cambiando loro il cognome in Donà per sottrarle alla deportazione.
Nel corso dell’incontro sono stati presentati due volumi: “Due giusti ritrovati. Vincenzo Barale e Vittorio Cavasin. Una ricerca rivolese” di Carlo Zorzi e Mario Jona e “Ti racconto la mia storia. Istituto Canal al Pianto (1942-1951)” di Barbara Gervasuti proprio sulle vicende che hanno coinvolto i tre religiosi.
Don Vittorio Cavasin, salesiano nato a Mestre, insieme a monsignor Vincenzo Barale nascosero in un collegio di Cavaglià, in provincia di Biella oltre sessanta bambini ebrei mimetizzati tra i loro coetanei cattolici. Al tempo monsignor Barale era segretario dell’arcivescovo di Torino, che già al tempo aveva espresso la sua posizione sull’accoglienza di rifugiati, per questo alcune famiglie ebraiche decisero di affidare i propri figli all’arcivescovado nell’atto estremo di salvarli dalla deportazione.
La storia di cui fu protagonista suor Paola invece si intreccia indissolubilmente con quella di Giulio e Stella Levorato, che hanno ricevuto la medesima onorificenza. I Levorato si prodigarono fra il 1943 e il 1944, nel salvare la vita alla famiglia d’Angeli, ma quando la situazione sembrava essersi anche solo in parte risolta, avevano infatti trovato per loro un’altra sistemazione sicura, un’altra famiglia di veneziani chiese il loro aiuto, i Dina, alla disperata ricerca di un rifugio.
I coniugi Levorato in un primo momento furono titubanti nel prestare loro soccorso, dieci persone in un’abitazione potevano attirare sospetti, poi però non se la sentirono di rifiutare e offrirono loro un nascondiglio, portando invece le due bambine, Giuseppina e Tina Dina al convento Canal al Pianto nei pressi della chiesa di Santa Giustina a Venezia, la cui madre superiora era proprio suor Paola, che non esitò un attimo ad accoglierle e a nasconderle.
Michael Calimani
(24 gennaio 2017)