JCiak – Il coraggio di Fanny
Fanny Ben Ami ha 13 anni quando nel 1943, nella Francia occupata dai nazisti, riesce a guidare un gruppo di bambini verso la salvezza in Svizzera. La sua storia, già narrata dalla protagonista oggi 86enne in Le journal de Fanny, è ora diventata un film, Il viaggio di Fanny, distribuito da Lucky Red e in uscita nelle sale italiane in occasione del Giorno della Memoria.
Diretto da Lola Doillon, il film, vincitore del Giffoni Festival, ripercorre la vicenda di Fanny dall’arresto del padre. Per metterla al riparo dalla persecuzione, la madre la invia con le sorelle, in un collegio nel sud della Francia. Quando la situazione peggiora, i bambini vengono spostati in una colonia dell’Ose in territorio italiano. Da qui, dopo la caduta del regime fascista, si troveranno, senza l’aiuto di nessun adulto, a cercare scampo oltre il confine.
Il viaggio di Fanny (Léonie Souchaud) è una storia di coraggio e forza interiore. Madame Forman, la direttrice della scuola, è consapevole delle sue capacità quando le affida il compito di condurre in salvo i bambini, che nella realtà erano ma sono stati ridotti a una decina per esigenze filmiche. Quando hai paura, le dice, fa finta di nulla per non mettere in pericolo gli altri. È un compito impossibile, nell’Europa spazzata dalla guerra e dall’odio. I bambini sperimentano il freddo, la fame, la paura. Qualcuno li aiuta, qualcuno cerca di fare loro del male. Eppure, giorno dopo giorno, i ragazzini imparano ad aiutarsi l’uno con l’altro e, con la guida di Fanny, ce la fanno a mettersi in salvo.
Per Fanny Ben Ami, che oggi vive a Holon, porta la sua testimonianza nelle scuole e ha incontrato sia i giovani attori sia la regista, raccontare la sua storia vuole essere ”un messaggio contro l’antisemitismo e l’odio, un odio che oggi vediamo ritornare dappertutto”. “Desidero che il mio messaggio venga compreso, affinché alcune cose non si ripetano. Viviamo in un’epoca molto fragile, da ogni parte si levano voci che ricordano moltissimo quelle che si sentivano allora. Questo è molto pericoloso, anche per coloro che non sono ebrei. Perché dopo gli ebrei, andranno in cerca di altri bersagli”.
Una storia come quella di Fanny è purtroppo di stretta attualità, ammette la regista. “Durante la lavorazione del film guardavo le notizie alla tv e spesso c’erano immagini di bambini soli che fuggivano dalle zone di guerra. Erano le stesse scene che giravo sul set, anche se in un passato di 70 anni fa”.
Lola Doillon ha visto un migliaio di bambini tra Francia e Belgio prima di scegliere gli attori. Proprio le loro notevoli capacità contribuiscono alla riuscita di un film che riesce a illuminare uno squarcio drammatico della storia recente senza mai chiamare in scena l’orrore in presa diretta l’orrore. Una scelta, questa, che unita a una certa inclinazione per il romanzesco, smorza l’impatto film, facendone però un lavoro ottimo per un pubblico più allargato.
Daniela Gross
(26 gennaio 2017)