Roma – “L’Europa che guarda al futuro
mette al centro la vita e i diritti”

Non c’è futuro senza Memoria. E non c’è Europa, un’Europa di libertà, pace e dialogo, senza piena consapevolezza dei valori da difendere.
Il qualificato convegno “Legge e legalità – Le armi della democrazia” svoltosi questa mattina presso l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, organizzato dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, lancia un messaggio chiaro a chi ha responsabilità di guida, leadership e indirizzo politico.
A partire dai temi sollevati nell’appello ai capi di Stato che la presidente UCEI Noemi Di Segni ha voluto che fosse scritto in vista della solenne cerimonia che si terrà il 25 marzo prossimo per i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma. Testo condiviso da tutti i partecipanti al convegno e che costituisce un fermo richiamo ai principi imprescindibili per dare continuità alle sfide e ai progetti lanciati a partire dall’immediato dopoguerra.
“L’obiettivo della nostra iniziativa è proprio questo. In un momento in cui l’Europa si interroga sulla sua identità, è importante offrire un contributo alla riflessione. È importante soprattutto richiamare i leader a un disegno che deve in prima istanza tutelare la vita. Non bastano le leggi, non bastano le costituzioni, serve una condivisione preliminare di tipo valoriale e culturale” ha sottolineato la Presidente dell’Unione chiudendo i lavori del convegno, moderato dal giornalista Giorgio Giovannetti e aperto da un intervento del direttore generale dell’Istituto Massimo Bray.
“È compito delle istituzioni europee – le sue parole – dei governi nazionali, ma anche e soprattutto di ogni singolo cittadino far sì che da questo momento così incerto esca una società migliore, meno concentrata sul mercato e più aperta ai diritti, alla cultura, alla coesione sociale: è nostro dovere vigilare perché la paura non sia, di nuovo, usata come strumento per manipolare le coscienze e per giustificare leggi inique e azioni immorali”. Solo se torneremo a sentirci protagonisti di questo processo, ha aggiunto Bray, potremo credere in una nuova fase dell’integrazione europea che faccia della solidarietà la sua vera bandiera “e che riparta dalle persone, dai loro bisogni, dalla loro voglia di esprimersi e di costruire ponti piuttosto che barriere”.
Valori condivisi da Anna Nardini, a capo del comitato di coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah di Palazzo Chigi. Leggi e rispetto della vita umana come cardine essenziale, assolutamente irrinunciabile, per un lavoro rivolto al futuro. In questo senso è stato portato come esempio il lavoro svolto dal comitato in stretto raccordo con l’Unione.
Profonda l’emozione suscitata dalla lettura della poesia composta per l’occasione da Oreste Bisazza Terracini, figlio del presidente dell’Assemblea costituente Umberto Terracini e insigne giurista ( fu l’avvocato che difese la Comunità ebraica di Roma nel processo contro Erich Priebke). “Una matrice unica – ha scritto Bisazza Terracini nel suo componimento – riunisce le storie accomunate di ogni umano che vanti la sua origine europea e l’aria che profonda ha respirato il vento l’ha condotta da lontano sul campo che di tempo ha coltivato”.
Treccani LadanyAd emozionare la folta platea (tra cui numerose scolaresche e classi universitarie) anche le parole del Testimone della Shoah Shaul Ladany, che non solo sopravvisse a Bergen Belsen ma anche all’azione terroristica palestinese ai Giochi di Monaco ’72 e che in questa veste è stato appena pochi giorni fa testimonial della Run For Mem. Una vicenda personale segnata da molte difficoltà e da molti ostacoli. Ma Shaul non si è mai arreso, un passo dopo l’altro, ottenendo molte soddisfazioni nei diversi campi in cui è stato ed è tuttora attivo. Dal podismo alla docenza universitaria, la sua è una storia di impegno e successo. “Oggi – il suo commosso esordio – parlo a nome dei sei milioni di persone che non sono tornate dai campi di sterminio”.
Grande l’interesse suscitato anche dagli interventi che sono seguiti, con relatori il consigliere parlamentare Valerio Di Porto, la vicepresidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, il docente di diritto pubblico comparato Francesco Alicino, la docente di diritto costituzionale Luisa Azzena e il pensatore e studioso di ermeneutica biblica Haim Baharier.
Fornendo numerosi e preziosi esempi, Di Porto ha ricordato come ebbe origine la campagna d’odio antisemita del regime fascista e come, nel solco della proclamazione delle Leggi Razziste del ’38 che misero gli ebrei italiani ai margini della società, dalla negazione dei diritti si arrivò presto alla negazione delle vite. Le Leggi furono infatti la premessa a tutto ciò che seguì, fino alle persecuzioni e alla Shoah.
“Principio di legalità e tutela dei valori: endiadi o ossimoro?” Da questo interrogativo si è invece sviluppata la riflessione di Cartabia, che ha ricordato le tappe principali legate al consolidamento del concetto di legalità nella società italiana dall’Ottocento ad oggi ma ha anche posto l’accento sulle lacune che hanno permesso, come nel caso del fascismo, derive autoritarie e liberticide. “I fatti che oggi commemoriamo – il suo messaggio – devono devono farci riflettere sul fatto che il cerchio non è chiuso”.
Babele dei diritti e ruolo della legge in una prospettiva comparata. Temi che hanno investito il professor Alicino, che li ha posti in relazione con due grandi problematiche aperte nelle società progredite: le conseguenze degli ultimi sanguinosi episodi di terrorismo; ma anche i rischi legati all’attività degli imprenditori della paura, che in un contesto di grave instabilità costruiscono il loro successo.
In una prospettiva europea, nel quadro dei grandi mutamenti che stanno accadendo, in particolare (ma non solo) sul piano dell’integrazione, come evitare di fare passi indietro sul piano giuridico? La professoressa Azzena ha ricordato come la storia del diritto, il moderno diritto europeo, non nasca dall’alto ma dal basso. Dalla condivisione di valori che attraversano i popoli, che li avvicinano e li rendono partecipi di uno stesso destino. “Sono i diritti che hanno portato all’integrazione, non l’integrazione che ha portato ai diritti”.
Prezioso anche l’intervento conclusivo di Baharier, profondamente segnato nelle sue vicende familiari dalla Shoah. Nel suo appassionato intervento, lo studioso ha messo in guardia con parole che hanno toccato la platea sul pericolo che talvolta si corre di una Memoria che appare sempre più celebrativa e conseguentemente sempre meno viva. “La Memoria celebrativa è un abisso senza richiamo. Non possiamo permettercelo – il suo richiamo – dobbiamo lavorare tutti insieme per trasmettere qualcosa di autentico ai nostri giovani”.

a.s twitter @asmulevichmoked

UNA MATRICE

Una matrice unica riunisce
le storie accomunate di ogni umano
che vanti la sua origine europea
e l’aria che profonda ha respirato
il vento l’ha condotta da lontano
sul campo che di tempo ha coltivato.
Su questo campo, fondamente arato
messe si miete per alimentare
il sogno di un’Europa forte e unita.
Il sogno della pace e della vita
raccolto nel traguardo di avvenire
potuto finalmente conseguire.
Abbiamo sfide sanguinose avuto
che un popolo ad altro han contrapposto
per secoli lottando in campo opposto.
Ma sembra il giorno ora giunto sia
per disvelare quanto in noi nascosto
ai desideri e le speranze unito
nell’etica comune di progresso
che l’animo propone ed il costume.
E’ l’abito prodotto e condiviso
che l’europeo dentro di se riassume.
E si tramuti questa veste umana
in uniforme legge che riunisca
e sia per tutti regola di uguali
sulla giustizia posta dei diritti umani.
Sia quella legge, da giustizia imposta
da tutti condivisa col rispetto
che dalla storia del passato nasce.
Da quella storia nera assimilata
che nel ricordo viene condannata.
Sarà invocata la speranza invano
se fondamento trovi nell’uguale
procedere di vita e di morale?
Onesto segua l’uomo il proprio andare.
E non per norma solo stabilita
ma per matura mente conseguita.

Oreste Bisazza Terracini