Giorno della Memoria
Le parole della Presidente UCEI

Presidente Mattarella,
Signora Ministra (Signor Ministro, Signori Ministri)
Autorità
Cari ragazzi
Cari testimoni e sopravvissuti della Shoah
Cari amici,

Vi domando: quale relazione c’è tra un passato millenario e un futuro sognato?
In un punto determinato, su un lunghissimo arco temporale, c’è il giorno in cui abbiamo assistito al miracolo della nascita dei nostri figli, il dolore per la perdita di un nostro genitore, il primo giorno di scuola, il primo giorno al posto di lavoro. C’è creazione di sapere e di cultura. E forse mi risponderete: i punti in cui ci sentiamo parte di un insieme, la storia di un popolo, di una nazione, la vita di una umanità intera.
Su un determinato segmento del medesimo arco temporale c’è la memoria di una vita negata a tanti singoli e al popolo ebraico. Distruzione di sapere e di cultura. C’è la Shoa.
La Shoah, nella sua drammatica unicità, rappresenta il paradigma dell’orrore cui può esser giunto l’uomo, e che un essere umano, per il suo credo, può aver subito.
Ricordarla è un imperativo cui anche l’Italia ha aderito da 17 anni.
Il monito, che portiamo nei nostri cuori ogni giorno e nelle solenni ricorrenze, di ricordare precisi avvenimenti, per noi ebrei, riguarda un passato ed un vissuto di oltre quattromila anni: l’uscita dalla schiavitù dell’Egitto, la distruzione del Tempio di Gerusalemme, perpetrata dai Babilonesi e poi dai Romani con la conseguente deportazione e la diaspora; la persecuzione medioevale di matrice religiosa e l’Inquisizione; i Pogrom dell’est Europa; la fuga disperata, nel corso del ‘900, di centinaia di migliaia di ebrei dai Paesi arabi, culminata con il grande esodo del 1967, e poi, dopo la Shoah, la minaccia costante alla vita dello Stato ebraico, di Israele.
Tutti questi eventi sono collegati tra loro da un comune denominatore: il rifiuto di accettare l’Altro, in questo caso un popolo fiero dei propri valori, della propria storia, della propria identità. E il tentativo di spazzarlo via, per distruggere quella “alterità” di cui invece è costituita l’intera umanità, e il cui rispetto rappresenta l’architrave dei diritti umani così come oggi li conosciamo.
Illustre Presidente, con emozione intervengo in questa prestigiosa sede – il Quirinale – la casa di tutti gli italiani e nella quale è, e deve essere, assicurata la tutela dei fondamentali diritti dell’uomo. Il primo in assoluto il respiro della vita.
Salvaguardiamo la memoria dei luoghi di violenze, sterminio e di morte, ma anche la memoria della vita, perché in quegli anni la vita si è voluta a tutti i costi, in tanti frantumi, di spazio e di tempo. Si è voluta per un futuro, anche se ignoto.
Contrastare ogni primaria espressione e forma di razzismo e antisemitismo, tutelare il pluralismo delle idee e delle culture, salvaguardare i diritti di ogni persona, qualunque sia la sua identità culturale, etnica, religiosa, è un monito e un principio posto con forza nella nostra Costituzione così come nella dichiarazione universale sui diritti dell’uomo.
Con lo sguardo verso quell’orizzonte futuro, occorre ricordare quanto accaduto, per causa di ideologie devianti e criminali, di singoli e di masse. Occorre capire quale sia stato il risultato devastante di leggi varate e rigorosamente applicate, di un’aberrante legalità, della negazione di ogni principio e valore.
La Shoah è il risultato anche di tanti piccoli gesti, tante piccole connivenze, indifferenze e paure; di azioni e decisioni, vissute o assunte, che inizialmente furono sottovalutate, ma generatrici di inimmaginabile gravità.
Siamo rientrati pochi giorni fa dal viaggio della Memoria ad Auschwitz-Birkenau, organizzato dal MIUR, accompagnati dalla Ministra Fedeli, che ringrazio profondamente, e per il primo anno partecipato anche da una delegazione del Consiglio Superiore della Magistratura.
Per noi “visitatori”, l’incredulità e la convinzione di non poter resistere neanche ad una sola notte in quel luogo. Mentre ascoltavamo con lacrime soffocate i racconti delle sorelle Bucci, mentre i nostri occhi si posavano sull’unica distesa di infinito bianco, noi tutti, eravamo uniti da due interrogativi che battevano nelle nostre tempie: come è possibile che questo sia esistito e accaduto? Come sarebbe stato il mondo di oggi se i sei milioni avessero vissuto e proseguito le loro vite?
Chissà quante altre musiche sarebbero state composte, altre invenzioni servita l’umanità, altri poeti e scrittori arricchite le nostre anime, altri bambini nati?
In una Europa oggi unita, che sta per celebrare il suo sessantesimo anniversario, e che si interroga sulla sua identità e i processi di integrazione, dobbiamo passare dalla narrazione all’azione. Interrogarsi sul ruolo delle organizzazioni internazionali, Educare, Essere. Essere interessati a conoscere e riconoscersi negli altri.
Dobbiamo lavorare insieme alle altre religioni per una società che sappia accogliere e rispettare ogni diversità, e sappia al contempo comprendere il pericolo insito negli “hate speech”, e nel fondamentalismo religioso. Fenomeni che attraverso le reti sociali si propagano ancor più lontano e ancor più velocemente. I gravissimi attentati terroristici subiti in diverse città e contesti, cuore della società civile, ci devono fare riflettere.
La nostra esperienza di ebrei presenti in Italia da oltre 20 secoli ci rende consapevoli del fatto che superare le diffidenze non è facile, ma è possibile; è possibile vivere integrati nella società sviluppando la propria cultura e senza perdere le proprie tradizioni, proprio perché il contributo di diverse componenti arricchisce la società di valori positivi.
È stato emozionante, solo pochi giorni fa, partecipare alla corsa per la memoria verso il futuro, attraverso i luoghi di snodo della persecuzione nella città di Roma. Ricordare attraverso lo sport, che unisce ed aggrega.
La straordinaria partecipazione di atleti, forze dell’ordine e cittadinanza, di tanti bambini, a questa iniziativa, testimonia la voglia di intrecciare il ricordo del passato alla vita futura.
Illustre Presidente, vorrei concludere con un dono di parole appena ricevuto da Shaul Ladany: “si sopravvive per una serie di casualità e scelte altrui, si vive grazie ad una scelta propria e alla voglia di vincere”;
Lui, sopravvissuto a Bergen Belsen, all’attacco terroristico delle olimpiadi di Monaco nel ‘72 e alle guerre di Israele, professore emerito di ingegneria. Lui è un conduttore di energia, esempio di chi ha ripreso la forza di vivere trasmessa ogni giorno, per la memoria verso il futuro.
A voi ragazzi che popolate questo millennio il nostro abbraccio incoraggiante. In voi, che dopo aver studiato avete anche visto e compreso che in quel luogo disumano non c’era nessuna vita, in voi si è accesa una luce nuova e ancora più voglia di vivere. A voi spetta una sfida importante – quella di condividere, di creare cultura che dona di sé alla società civile, di difendere questa verità, di battervi per un futuro che affermi la vita.
Grazie.

Noemi Di Segni, presidente UCEI

(27 gennaio 2017)