Venezia e l’ospedale degli ebrei

20170126_152044Nella cornice della sala San Domenico della Scuola Grande di San Marco si è svolto l’incontro di studio “L’Ospedale degli Ebrei: storie di medici, benefattori e pazienti ebrei nell’Ospedale Civile di Venezia”. Il convegno, organizzato dall’Ulss 3 Serenissima nell’ambito del Coordinamento cittadino della Giornata della Memoria, ha indagato la presenza dei medici ebrei, dei pazienti ebrei e dei benefattori ebrei nell’Ospedale, che hanno contribuito a fare dell’Ospedale Ss.Giovanni e Paolo un luogo nel quale il meglio della civiltà veneziana è diventata una sintesi ammirevole di offerta di salute individuale e di sanità pubblica.

20170126_175945Ad aprire i lavori il direttore generale dell’Ulss, Giuseppe Dal Ben, Maria Palma, soprintendente archivistica e bibliografica del Veneto e del Trentino Alto Adige insieme all’architetto Girardini della soprintendenza regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo del Veneto, e Mario Po’, direttore del polo culturale e museale della Scuola Grande di San Marco.

“Quella tra l’ospedale civile di Venezia e la Comunità ebraica – ha detto Dal Ben – rappresenta una comunione particolare e profonda. Un luogo, l’ospedale, dove il meglio della società veneziana di ispirazione caritatevole, quella della tradizione giudaica e quella di matrice orientale, è diventata una sintesi ammirevole di sanità pubblica. Siamo però qui oggi anche perché questa sintesi e questo equilibrio di cultura, religione ed etica è stato rotto dalla Shoah. Siamo qui per fare memoria di una pagina dolorosa che ha investito anche la nostra storia ospedaliera. Dolorosa per i colleghi medici ebrei e i cittadini ebrei degenti che anche nel nostro ospedale sono stati offesi, umiliati, moralmente violentati pur essendo persone oneste e professionisti stimati”.

20170126_181251Un viaggio tra nomi, volti e lapidi che grazie agli interventi dei relatori (Mario Pò, Maria Volpato, Federica Ruspio, Nadia Piazza, Fiora Gaspari, Alessandro Porro) ha permesso di delineare le vite e le difficili vicende di personalità del calibro umano di Giuseppe Jona, la cui tragica fine avvenne per non aver consegnato i nomi degli iscritti alla Comunità ebraica di cui era presidente, e di medici come Angelo Minich, Michelangelo Asson , Giacinto Namias, Umberto Saraval, Moisè Raffael Levi che hanno scritto la storia dell’Ospedale Civile di Venezia.

Namias nacque nel 1810 a Venezia in una famiglia ebrea di origine spagnola che si era rifugiata in Italia nel XVI secolo per sfuggire all’inquisizione. Frequentò la scuola ebraica e rabbinica prima di essere ammesso alla facoltà di medicina dell’Università di Padova. Nel 1838 sposò Rosa Coriandoli e successivamente adottarono il figlio della sorella, Moisè Raffael Levi, medico che diventerà molto conosciuto a Venezia. Namias aveva una profonda preparazione in chimica farmaceutica e fu in grado di creare farmaci applicando schemi sperimentali molto avanzati per la sua epoca.

Michelangelo Asson, nacque invece a Verona nel 1802, studiò medicina e chirurgia a Pavia e Padova e diventò nel 1838 assistente medico chirurgo all’Ospedale Civile. Asson venne poi chiamato nel 1849 come professore di anatomia all’accademia di belle arti di Venezia. Si dedicò inoltre alla scuola pratica di medicina e chirurgia dove insegno la materia della clinica chirurgica.

Sarà grazie al lascito di Angelo Minich, medico chirurgo e anatomopatologo, se verrà riaperta la scuola di medicina e chirurgia che era stata chiusa nel 1882 per mancanza di fondi. Senatore del Regno d’Italia, per 34 anni fu chirurgo primario all’ospedale civile.

Moisè Raffael Levi, convinto dell’efficacia delle cure farmacologiche e marine, fu assertore dell’esigenza, per una sana pratica medico-terapeutica, del possesso di salde conoscenze scientifiche basate su fatti accertati e su osservazioni sperimentali e critiche. Dopo la conferenza tenuta da Barellai all’Ateneo veneto il 4 giugno 1868 per illustrare i benefici effetti delle cure marine per i bambini affetti da adenopatia cervicale tubercolare, allora usualmente definiti scrofolosi, il successivo 9 giugno fu costituito il Comitato promotore dei bagni ed ospizi marini per i poveri scrofolosi in Venezia, la cui organizzazione fu affidata a Levi. In poche settimane divennero operanti i bagni marini gratuiti presso il Lido di Venezia e il 9 giugno 1870 fu inaugurato l’Ospizio marino e nel 1872 fece parte della società dei bagni del Lido di cui fu nominato presidenza incarico che mantenne per tutta la vita.

Giuseppe Jona nacque a Venezia nell’ottobre del 1866, quarto di cinque fratelli. Dopo aver conseguito nel 1892 la laurea in medicina all’Università di Padova, divenne assistente di anatomia patologica e poi primario presso l’Ospedale Civile di Venezia dove si dedicò anche all’insegnamento con il sogno di rendere l’ospedale lagunare un centro di alta cultura per le scienze mediche. Nel 1936 andò in pensione evitando quindi essere cacciato con la entrata in vigore delle leggi razziali del 1938. Tuttavia nel 1940 venne cancellato dall’albo dei medici e gli venne proibito di praticare la sua professione. Nello stesso anno diventò presidente della Comunità israelitica di Venezia. L’8 settembre del 1943 la situazione precipita e i tedeschi, occupata la città, vogliono l’elenco aggiornato degli ebrei in possesso del presidente. Il 17 settembre del 1943, dopo aver fatto testamento e nascosto l’elenco si toglie la vita.

Umberto Saraval è nato nel 1893 a Trieste e si laureò nel 1918 a Padova. Nel 1929 divenne dirigente dell’ambulatorio stomatologico dell’ospedale civile e due anni dopo venne confermato dalla dirigenza dell’ospedale come primario odontoiatra sia per l’attività pratica svolta che per la produzione scientifica. Nel 1938 anche lui subì l’onta delle disposizioni razziste e fu obbligato a lasciare il suo lavoro. Terminata la guerra il 18 maggio 1945, Saraval presenta un primo esposto per essere riammesso al suo posto di direttore dell’ambulatorio stomatologico, dopo un secondo esposto al comitato di liberazione, l’ospedale accettò il reintegro il 9 giugno 1945.

Infine Franco Salomone nato a Trieste nel 1881 in una famiglia sefardita la cui presenza era attestata a Padova e a Venezia già nei secoli XVI e XVII. Studiò medicina e chirurgia presso l’università di Padova, dove fu allievo interno dell’istituto di anatomia patologica diretto da Bonome e dove si laureò a pieni voti nel 1906. Subito dopo la laurea fu assistente nell’istituto di anatomia patologica dell’ospedale civile di Venezia diretto da Giuseppe Jona, poi per due anni in quello di patologia generale dell’università di Cagliari diretto da Sacerdotti. Nel 1913 fu chiamato a Lisbona a dirigere il laboratorio di ricerche anatomo-patologiche, batteriologiche, parassitologiche e di indagini cliniche. Conseguita nel 1923 la libera docenza in anatomia e istologia patologica, nell’ottobre del 1924 tornò in Italia, assumendo la direzione dell’istituto di anatomia patologica e del laboratorio di indagini cliniche dell’Ospedale Civile di Venezia, che mantenne fino al novembre del 1927. Trasferitosi a Pisa nel 1937, dopo un solo anno fu costretto a lasciare l’insegnamento in seguito alle leggi razziali e si trasferì in Israele dove trascorse il resto della sua vita come direttore dell’istituto di anatomia e istologia patologica della Hadassah Medical Organization e dell’università Ebraica di Gerusalemme.

I medici di religione ebraica furono allontanati non solo dall’Ospedale Civile, ma anche da luoghi tradizionalmente al riparo che furono invece teatro di terribili episodi di deportazione. Uno per tutti l’ospedale psichiatrico sull’isola San Servolo dove nel periodo dell’emanazione delle leggi razziali lavorava Giuseppe Murgia. Murgia nacque nel 1877 a Bussetto e si laureò in medicina e chirurgia all’università di Bologna nel 1901. Ricoprì il ruolo di medico primario a San Servolo per poi trasferirsi a Sondrio nel 1912 e poi a Bergamo dove nel 1938 dovrà abbandonare l’incarico direttivo a causa delle leggi razziali, da lì la deportazione e la morte ad Auschwitz.

Un ricordo è stato dedicato anche al singolare reparto israelitico che fin dal 1832, sotto la gestione della Fraterna israelitica di Misericordia e Pietà per conto della Comunità Ebraica, ha prestato assistenza agli ebrei bisognosi. La Fraterna stipendiava un medico e un chirurgo per le visite domiciliari dedicate agli indigenti e aveva l’onere di sovvenzionare per essi l’acquisto di farmaci, un onere piuttosto gravoso considerando che durante la seconda dominazione austriaca erano circa 800 gli indigenti ebrei, un terzo della Comunità. A fronte di una situazione del genere nacque il progetto di un reparto israelitico presso l’ospedale civile nel 1831 dove oltre ai servizi ospedalieri venivano garantiti pasti casher secondo le regole alimentari ebraiche.

Il presidente della Comunità Ebraica di Venezia, Paolo Gnignati, a cui è stata affidata la chiusura del convegno ha voluto infine ringraziare l’ospedale civile per l’attenzione che negli ultimi anni è stata rivolta alle figure di quegli ebrei esclusi a causa delle leggi razziali: “Durante l’incontro di oggi sono stati evidenziati con chiarezza alcuni elementi che dimostrano quanto gli ebrei veneziani facessero parte di quel tessuto sociale che le leggi razziali prima e la persecuzione poi hanno strappato. Significativo è il riposizionamento delle lapidi dedicate a medici ebrei che il fascismo aveva fatto coprire o rimuovere e che restituiscono l’individualità e la prospettiva storica che il nazifascismo aveva tentato di negare agli ebrei. Il fatto che quelle persone siano state ricordate e commemorate oggi in una sede istituzionale è un gesto di grande rispetto che la Comunità ebraica apprezza e di cui è molto grata. Non dobbiamo però dimenticare che al tempo non ci furono eccezioni: istituzioni come l’Ateneo Veneto, l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, il Conservatorio, l’Università Ca’ Foscari e anche l’Ospedale Civile espulsero tutti i membri ebrei senza comprensione. Le istituzioni furono molto decise e zelanti nell’applicare le disposizioni fasciste come fosse una gradita imposizione che permettesse ad alcuni di liberarsi di presenze scomode”.

Al termine dell’incontro, è stato presentato uno spazio espositivo delle Raccolte della Scuola Grande di San Marco dedicato alla presenza dei medici ebrei nella storia della medicina di Venezia.

Michael Calimani

(29 gennaio 2017)