Enzo Greco (1955-2017)
È davvero motivo di commozione che proprio lo scorso venerdì 27 gennaio, Giorno della Memoria, si siano celebrate le esequie di una persona che proprio alla Memoria ha dedicato gran parte del suo talento, della sua sensibilità e del suo impegno, prima che una crudele malattia lo strappasse prematuramente ai suoi affetti e al suo lavoro, facendolo cadere – durante un intervento chirurgico che si preannunciava non particolarmente pericoloso – in uno stato di incoscienza dal quale non si sarebbe più risvegliato. Mi riferisco a Enzo Greco, che, come rappresentante del personale amministrativo dell’Università di Salerno, è riuscito, negli ultimi anni, a coinvolgere molte energie, interne ed esterne all’Università (studenti, docenti, amministrativi, giornalisti), in un progetto di ampio respiro, intitolato “La Memoria non va in vacanza”, volto a promuovere – attraverso un apposito Osservatorio – la sensibilizzazione, a ogni livello, sui temi della tutela della dignità umana, dell’accoglienza, della fratellanza, dei diritti civili, della lotta al razzismo, all’antisemitismo, a ogni forma di violenza e discriminazione. Nell’ambito di questo progetto, sono stati organizzati una molteplicità di incontri, seminari, rappresentazioni, anche con una discreta risonanza mediatica, sono stati incontrati gli alunni e i docenti di molte scuole del territorio, sono state prodotte delle pregevoli pubblicazioni su temi quali la Shoah o la violenza camorristica.
Ci chiamavamo, fra di noi, scherzosamente, “il gruppo”, e i nostri incontri – ritagliati tra le molteplici incombenze e grane accademiche – erano per me – ma penso per tutti – degli importanti e gratificanti momenti di stacco, che ci vedevano uniti al servizio di una nobile causa comune, nella quale ci sentivamo tutti, forse anche con qualche ingenuità, impegnati. A volte arrivavano sul nostro tavolo diverse proposte, ma, se c’era da scegliere tra questa o quella opzione, io usavo dire – senza, mi apre, sollevare obiezioni -: “sono assolutamente contrario alla benché minima forma di democrazia: il capo è Enzo”. Ma, se io ero generalmente contento dei risultati raggiunti, il ‘capo’ era spesso insoddisfatto, in quanto un po’ contrariato, a volte, da quella che gli sembrava una partecipazione delle istituzioni, dei giovani e dei cittadini insufficiente, o comunque inferiore a quello che lui avrebbe desiderato. Avrebbe voluto di più, perché era fortemente convinto dell’importanza di un lavoro che lui avrebbe voluto davvero di tutti, per tutti. Avremmo certamente potuto fare e ottenere di più, se al mondo ci fossero più persone con la sua energia, la sua moralità, il suo ottimismo. Ma quel poco o molto che abbiamo realizzato non è privo di significato, ed è in massima parte merito suo. E comunque, sono stati gettati dei semi, dai quali, si spera, verranno dei frutti, per i quali sarà Enzo, per primo, a essere ringraziato: come è avvenuto lo scorso novembre – quando era stato già colpito dalla grave infermità -, alla cerimonia di inaugurazione del Centro interdipartimentale dell’Università su Memoria e Legalità, che intende dare nuova e più solida veste istituzionale al precedente Osservatorio.
La memoria di Enzo resterà, anch’essa “non andrà in vacanza”. E il fatto che l’ultimo addio gli sia stato tributato proprio il 27 gennaio lega per sempre, per un singolare disegno del destino, il suo nome a quell’impegno per cui ha speso tanta parte delle sue risorse. E arricchisce il Giorno della Memoria del ricordo di un uomo giusto, a cui va reso onore.
Francesco Lucrezi, storico
(1 febbraio 2017)