Roma – Pentcho, una storia di salvezza
Cinquecento ebrei slovacchi che, in fuga dalla persecuzione nazista, cercano di raggiungere la Palestina mandataria (il futuro Stato di Israele). Da Bratislava, passando per il Danubio, fino al Mar Egeo. La speranza che si arena su un isolotto, dove il battello Pentcho termina la sua traversata. La speranza che si riaccende grazie all’intervento della Marina italiana, che trae in salvo i fuggiaschi e li destina prima a un campo di internamento a Rodi e quindi a Ferramonti in Calabria. Molti, grazie a questo intervento, riusciranno a salvarsi dalla Shoah.
“Il viaggio del Pentcho”, volume che narra questa vicenda con dovizia di dettagli e che già vi abbiamo presentato su queste pagine, si legge tutto d’un fiato. Una storia appassionante ricostruita da Enrico Tromba, Stefano Nicola Sinicropi e Antonio Sorrenti, ospiti ieri della Fondazione Museo della Shoah alla Casina dei Vallati nel corso di una serata segnata da molte emozioni. Presente in sala Elvira Frenkel, testimone oculare dei fatti. Mentre un altro superstite, Jacob Klein, ha raccontato quell’esperienza in un’intervista curata da Sorrenti.
La storia del Pentcho, una pagina di Memoria che unisce popoli e indica la strada da seguire in tempi difficili. Una sfida condivisa nei diversi interventi che hanno caratterizzato l’incontro alla Casina dei Vallati: dal presidente della Fondazione Mario Venezia alla presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, dall’ambasciatore del governo di Bratislava Jan Soth allo studioso della Shoah Marcello Pezzetti, dalla consulente del museo slovacco della cultura ebraica Stanislava Sikulova al capitano di vascello Giosuè Allegrini. Prospettive diverse, una lettura comune. La storia del Pentcho è linfa vitale.
A introdurre gli ospiti la direttrice del Centro di cultura ebraica romana Miriam Haiun.
(2 febbraio 2017)