empatia…
Leggere il passaggio biblico della piaga del buio in Egitto ha sempre un effetto profondamente doloroso: il buio della piaga voluta da Dio ha fatto in modo che non solo gli Egiziani non riuscissero a vedere né a muoversi, ma anche gli stessi Ebrei, secondo quanto ci racconta il Midrash e Rashi, non videro quelli che tra di essi morirono perché non vollero lasciare l’Egitto. Esodo 10, 23: “Non vedeva ognuno i propri fratelli […]”. Una piaga che di fatto rese nulla la capacità di empatia, di comprensione dell’altro, tolse agli occhi la capacità di vedere le ragioni altrui, la sofferenza altrui, anche se non condivisa o condivisibile.
In questi giorni, qui in Israele, stiamo assistendo allo sgombro coatto dell’insediamento di Amona in Cisgiordania. La società, il governo, l’opinione pubblica hanno chiare le ragioni ed i torti e tutti i risvolti legali del caso, ma non è questo il punto del mio scrivere e non entro nella questione politica, tra i diritti ed i doveri, tra i risarcimenti e gli indennizzi per la popolazione di Amona. Voglio invece scrivere di empatia per il dolore di chi ha lasciato la propria casa, di empatia per i duecento bambini sradicati dal luogo della loro nascita e della loro infanzia, così come dell’empatia per i soldati dello Stato di Israele che hanno dovuto sgombrare gli abitanti di Amona, in nome della forza della nostra democrazia, una forza che è fonte di diritto, ma anche di dolore, quando non può e non deve cedere alle rivendicazioni personali o di specifici gruppi, contrapposte al senso stesso del diritto. Non percepire il senso di questo dolore ed anzi, denigrarlo, bollarlo politicamente, sfruttarlo in una qualsiasi maniere ed in nome di una qualsiasi bandiera significa essere come gli Egiziani e gli Ebrei in Egitto: incapaci di vedere al di là del buio delle proprie opinioni, delle proprie certezze, del proprio senso di granitica ragione, spessa e densa come la piaga del buio in Egitto.
Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino
(3 febbraio 2017)