Memoria e sondaggi
Chiedo scusa, riconosco la mia totale incompetenza in fatto di sondaggi e statistiche, ma non posso fare a meno di esprimere un dubbio a proposito del modo in cui lunedì scorso sono stati commentati su questo notiziario i risultati del rilievo curato dall’istituto di ricerche SWG sulla percezione degli italiani nei confronti della Memoria.
Davvero l’intervistato che dichiara che gli italiani si sentono poco coinvolti nella celebrazione del Giorno della Memoria pensa in realtà a se stesso? Francamente non ne sono convinta. Capisco che si tratta di una strategia comunemente usata dai sondaggisti, ma mi domando se questa tecnica funzioni nei casi, come questo, in cui le risposte sono fortemente influenzate dall’ideologia dell’intervistato. Dire che gli italiani sono poco coinvolti equivale in realtà a dire che non lo sono abbastanza rispetto ai propri standard, e quindi più tali standard sono elevati, più l’intervistato ritiene che il tema sia importante, meno mi pare probabile che giudicherà favorevolmente il coinvolgimento degli italiani in generale. Di fronte a tematiche percepite come rilevanti è troppo forte la tentazione di sottolineare la propria elevata sensibilità in contrasto con una società indifferente. Viceversa, la persona che dichiara che gli italiani si sentono molto coinvolti nei confronti del Giorno della Memoria non potrebbe averne in realtà un’idea magari un po’ superficiale e zuccherosa?
A conferma di questo mio dubbio mi sono chiesta come avrei risposto, e cosa in generale risponderebbero gli ebrei. Sarei pronta a scommettere che la maggioranza risponderebbe che gli italiani sono poco coinvolti. Peraltro, un sondaggio analogo tra gli ebrei sarebbe molto interessante. E ci permetterebbe di portare alla luce un’ostilità diffusa nei confronti del Giorno della Memoria. Le ragioni sono varie, e almeno in parte condivisibili (retorica, rischio di appiattimento dell’identità ebraica sulla Shoah, occasioni pretestuose per dare addosso a Israele), anche se mi pare che talvolta qualcuno tenda a dimenticare che siamo parte della società italiana (cosa dovrebbe fare un insegnante o un giornalista ebreo che deve occuparsi professionalmente del Giorno della Memoria? Obiezione di coscienza?) Del resto anche nel mondo ebraico non mancano motivazioni ideologiche che spingono verso un maggiore o minore coinvolgimento. Per esempio, nell’attuale clima internazionale, a chi fa piacere ricordare che i nostri genitori e nonni sono stati profughi, rifugiati, immigrati clandestini?
Anna Segre, insegnante
(3 febbraio 2017)