Gli anni rubati a Rukeile
Johann Wilhelm Trollmann era un ragazzone che ebbe la sfortuna di nascere e vivere in Germania negli anni “sbagliati”, gli anni del nazismo. La sua carriera di pugile iniziò negli anni ’20 e all’inizio degli anni’30 aveva raggiunto una certa notorietà. Quando era sul ring più che tirar pugni sembrava danzare e il suo stile sembrava un po’ quello che, molti anni dopo, caratterizzò Cassius Clay, Mohammad Alì.
Trollmann era di etnia sinti, e come noto le Leggi di Norimberga impedivano di boxare agli ebrei. Fu così che il titolo dei pesi mediomassimi passò da Eric Seelig, ebreo, al sinto Trollmann. Non fu però una vittoria facile: era il giugno del 1933 e i giudici nazisti alla fine dell’incontro tra lui e l’ariano Adolf Witt decretarono una “no decision”: il pubblico, evidentemente ancora poco nazistificato, insorse e i giudici dovettero decretare la vittoria di Trollmann. Ma la federazione gli tolse il titolo: anche se non ebreo era pur sempre un non ariano. Trollmann, la cui forza sul ring consisteva nel muoversi, quasi danzando intorno all’avversario fino a sfinirlo, per imposizione delle federazione avrebbe dovuto conquistare il titolo restando fermo, in un cerchio al centro del ring. Trollman, con un atto di coraggio, si presentò all’incontro travestito da ariano: capelli tinti di biondo e farina bianca su tutto il corpo. Uscì dall’incontro sconfitto al quinto round, sotto gli occhi pieni di lacrime di molti dei suoi fan e di sua moglie Olga.
Rukelie, come veniva affettuosamente chiamato dai suoi fan, e che significa albero in lingua sinti, finì nel campo di concentramento di Neugamme, vicino ad Amburgo. Senza più alcuna forza a causa degli stenti a cui era sottoposto nella vita del campo, costretto a gareggiare per il divertimento e la crudeltà dei Kapò, morì nel 1943, dopo un combattimento, probabilmente ucciso da un Kapò.
La sua vicenda, riproposta magistralmente in uno dei corti teatrali rappresentati nell’ambito della terza edizione del “Premio Settimia Spizzichino e gli anni rubati”, ha conquistato il pubblico e la giuria. Il premio nato dal genio e dalla volontà di Sasà Russo della Compagnia teatrale Iposcenio, ha visto quest’anno pervenire per partecipare al concorso ben 178 opere. 178 corti teatrali, tutti dedicati al tema della Shoah. Di questi ne sono stati selezionati dieci, che sono stati rappresentati il 6 febbraio al teatro Antigone, a Roma. A questo concorso va il merito di contribuire a far conoscere questa storia, ai più finora ignota e la cui ricostruzione in chiave teatrale va a Peppe Millanta – che la ha scritta – e a Antonio De Nitto – che la ha interpretata e diretta. Davvero bravissimi entrambi: non è un caso che abbiano portato a casa oltre al premio per la migliore opera, anche quello per la miglior regia e il miglior attore.
Rukeile, una storia della Shoah, anzi del Porrajmos, lo sterminio degli “zingari” che mette un altro piccolo tassello nella ricostruzione delle storie e dalla Storia dello scorso secolo.
Sira Fatucci
(8 febbraio 2017)