La Mameloshn ferita
Certe cose è meglio saperle: costano molto, ma liberano.
La psicanaliscrittrice (non è un refuso, è una definizione) Halina Grynberg lo sa, e lo ha scritto in un libro che scotta e lenisce, pubblicato da Giuntina per la traduzione e la cura di Vincenzo Barca, dal titolo Memoria Ferita Aperta – Mamelshon. La donna nata un 14 luglio a Sciewodizsce in Polonia, e che sarebbe potuta rinascere a Parigi come Aline, diventa infine Halina a Rio de Janeiro anche grazie a questo notevole Esercizio di Scrittura e Autoanalisi. Ha cambiato se stessa mediante la sua Lingua; senza Mameloshn non sarebbe stata lei, ma ora può pensare, parlare e sognare in portoghese, in francese e forse anche in polacco, e senza tradirsi: ora ha “un nome con cui esser chiamata”.
La storia che racconta questo libro di memorie spezzate ma integrate è quella di “tre alleati nell’incoerenza”: la madre, il padre e lei stessa. L’ombra lunga della Shoah determina le loro vite; ne condiziona pensieri, parole e azioni; ne combina i viaggi e le relazioni, le fughe e i ritorni. Dalla Polonia alla Siberia, a Haifa, a Marsiglia, a Parigi, a Rio – il loro percorso è lo stesso, quello di chi lotta contro il destino; solo Halina lo capovolgerà, riscattandosi dopo aver dato l’addio a sua madre “nel ventre della notte”, quando si raccoglie “nell’estasi selvaggia di chi per perdonare non osa dimenticare”.
Scritto con frasi semplici e costruzione raffinata – da scrittrianalista -, Memoria Ferita Aperta – Mameloshn è un libro pieno di immagini vivaci e crude, che avrebbe meritato una miglior copertina; ed è costellato di sbalzi e scarti che non ne impediscono la comprensione – la incentivano -, purché ci si abbandoni alla forza delle parole. E lo si legga come fosse un tuffo da un trampolino molto alto – giustamente paurosi, ma fiduciosi nell’acqua che ci accoglierà. Non affonderemo, e quando risaliremo in superficie il primo respiro sarà pieno come non mai, liberatorio; se la pelle e l’anima resteranno poi ancora e a lungo un po’ bagnate è un bene, sarà una Benedizione. O come un salto nel vuoto, dentro al quale le parole-paracadute deviano il percorso rallentando la caduta, e consentono un salvo atterraggio: quando tocchiamo il suolo siamo ancora quelli che eravamo quando ci siamo lanciati?
Sarebbe piaciuto a Primo Levi, a Erich Neumann e a Ernst Bernhard questo libro di sommersi, salvati e sradicati: i temi della memoria, della maternità e dell’identità ebraica che sono stati fra i loro più scandagliati trovano nuove manifestazioni nella storia dei Grynberg. E chissà cosa ne avrebbe pensato e scritto Hannah Arendt, autrice – sempre per Giuntina – di un libro in uscita in questi giorni (“L’ebreo come paria”) sul quale – prima o poi – scriverò.
Valerio Fiandra
(In questi giorni, rispettivamente 48 e 25 anni fa, morivano Liliana e Sergio Fiandra – genitori di Dora e di chi scrive, nonni di Beniamino, David e Sara. A loro è dedicato l’Esercizio di lettura di oggi)
(9 febbraio 2017)