Qui Torino – Progetto insieme
Islam radicale, una condanna comune
Seconda tappa del “Progetto Insieme” a dimostrazione di come il percorso iniziato lo scorso novembre all’interno della moschea di via Saluzzo a Torino stia proseguendo. Ad organizzare l’incontro, alla presenza di un vasto pubblico, la Comunità ebraica assieme alla sezione ANPI di San Salvario e alla Circoscrizione 8, ente promotrice anche la Comunità islamica, accanto a quella valdese e cattolica, tutte riunite in un medesimo quartiere della città. Presenti in sala anche il Presidente della Comunità ebraica Dario Disegni e il vicepresidente UCEI Giulio Disegni.
Tema dell’incontro un’analisi del complesso fenomeno della radicalizzazione violenta e della diffusione dell’estremismo islamico. Ad affrontare la questione una tavola rotonda significativa: protagonisti Rav Ariel Di Porto, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Torino, Brahim Baya, Portavoce dell’Associazione Islamica Delle Alpi, Fredo Olivero, Pastorale Migranti, Luca Guglielminetti, coordinatore del progetto europeo rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, Lorenzo Gianotti, in rappresentanza dell’ANPI Provinciale, Mohamed Abdu Rahman, Presidente della Moschea Omar Katab di via Saluzzo, Imam Idris Abd al Razzaq Bergia, Responsabile per il Piemonte della Co.Re.Is. Italiana e Eugenia Ferreri in rappresentanza della Comunità Valdese. A moderare gli interventi l’Onorevole Andrea Giorgis.
Ed è proprio il dialogo e la conoscenza reciproca tra comunità religiose a rendere il “Progetto Insieme” un importante segnale di apertura e di incontro, una risposta costruttiva a chi usa la violenza per distruggere l’altro ritenendo così ottusamente di affermare la propria identità. “I due incontri dimostrano come a Torino il confronto sia reale e in divenire”, queste le parole in apertura di Giorgis. “La nostra ambizione è di formulate proposte operative contro la radicalizzazione violenta, tenendo presenti le specificità del territorio”, conclude.
“Come giustificare la violenza in nome della religione islamica quando invece è la non violenza ad avvicinarci al divino?”, si chiede Brahim Baya. “La violenza in nome di Dio scuote le nostre coscienze”. E prosegue definendo il fenomeno “Islamizzazione del radicalismo e non viceversa” che si incunea nella crisi della nostra società. Non si nega la responsabilità dei religiosi, ma è necessaria una presa di coscienza anche da parte degli Stati e delle istituzioni”.
Poi interviene Lorenzo Gianotti che definisce il pluralismo la “stella polare e principio universale dell’ANPI”. Il suo sguardo si sposta poi alla realtà europea dove i problemi sono due, uniti da un comune radicalismo: “Se da una parte dilaga il radicalismo violento in nome della fede, dall’altra stiamo assistendo a un rafforzamento implacabile dei nazionalismi e del razzismo”.
Fredo Olivero mette in luce un elemento tanto crudo quanto reale: nel cuore delle religioni storicamente c’è la violenza, basti pensare al rito del sacrificio. Poi accende i riflettori sull’importanza non di un mero dialogo tra comunità diverse: molto più forte delle parole è il frequentarsi tra diversi, solo così c’è condivisione di tempi spazi e pensieri.
Luca Guglielminetti, che dall’interno vive i meccanismi di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione in ambito dell’Unione Europea, mette in luce l’importanza delle contronarrative rispetto a quelle promosse dai più radicali e l’importanza di arrivare ad azioni pratiche.
Mohamed Abdu Rahman riflette invece sull’importanza di rendere i luoghi di culto come le moschee luoghi pubblici e aperti alla cittadinanza, così come già accade per la moschea di via Saluzzo: in questo modo la pubblicità degli spazi si lega con una narrazione civica. Fondamentale per la sostenibilità nel tempo di tale progetto è il coinvolgimento delle Istituzioni, al di là della sola realtà comunale.
Eugenia Ferreri dà poi voce alla Comunità Valdese e propone una riflessione sulle origini del fenomeno della radicalizzazione violenta, una radicalizzazione che nasce nel contesto della globalizzazione da un lato e dall’aumento di insofferenza che causa un abbrutimento graduale e continuo verso il razzismo dall’altro.
È poi il Rabbino Capo Di Porto ad intervenire e riprende il pensiero espresso da Jonathan Sacks nel suo libro “La dignità della differenza. Come evitare lo scontro delle civiltà”. Poi solleva altre questioni, come il problema della convivenza delle diverse comunità, l’importanza di ogni comunità di creare messaggi univoci ed emerge come prima del dialogo interreligioso sia fondamentale e necessario quello intra religioso. Infine la questione della fascinazione del radicalismo religioso, che appunto va contrastato con una contronarrazione, ed ecco i messaggi univoci. Da qui l’importanza di evitare l’isolamento in quanto comunità: ciò non comporta l’assimilazione totale con la società civile, ma un bilanciamento tra laicità dello stato e fede religiosa. L’ Ebraismo, ricorda il rav, ruota attorno al concetto di comunità in continua sinergia con le società in cui è inserita.
È poi l’Imam Idris Abd al Razzaq Bergia a concludere l’incontro con la presentazione di un’iniziativa editoriale promossa da frati francescani, in particolare da Fabio Scarsato, Direttore Editoriale, per poi poter parlare di cultura come unica arma contro il radicalismo e il fondamentalismo. “È con la diffusione di cultura che il dialogo cresce di senso”. “Come religiosi”, conclude, “dobbiamo porci da un punto di vista di culto e di cultura e poi promuovere il sostegno reciproco tra le diverse comunità di credenti”.
Alice Fubini
(10 febbraio 2017)