Noga Cohen Donat (1922-2017)
“Erano i miei bambini. Quella esperienza mi ha donato la vita”: sono le parole che Noga Donat ci ha detto lo scorso aprile 2016 in una intervista rilasciataci ad Haifa. Quelli cui Noga si riferiva sono i Bambini di Selvino, ai quali aveva fatto da maestra a Piazzatorre prima, nella Sciesopoli Ebraica dopo. Noga è passata da pochi giorni a miglior vita, a 95 anni di età. Era stata, insieme a Matilde Cassin, la prima maestra di quei bambini devastati e storditi, reduci dai campi di concentramento, orfani, disperati. Dopo l’amorevole accoglienza, li ha aiutati a ritrovare la vita, fino al momento dell’aliyah. È stata ancora al loro fianco fino ai suoi ultimi giorni.
Era nata a Milano il 28 aprile 1922. L’ultimo suo anno di scuola era stata la V ginnasio al Carducci. Poi le leggi razziste del ’38 l’hanno espulsa dalla scuola perché ebrea. Subìto il bombardamento della casa di via Monte Amiata 2 nel ’43, era sfollata con la famiglia a Pandino (CR). Alberto, suo fratello, fu catturato dai fascisti. Lei rimase nascosta nel fienile di un’amica. Era riuscita così a sfuggire alla cattura: “Vai, Geni, vai via, vai via. Ti vengono a prendere”, le urlò la madre, convinta che fosse lei la ricercata dai fascisti perché giovane e carina. Trovò un nuovo nascondiglio a Vidardo, vicino Lodi. Suo padre, Raffaele Cohen, Cavaliere della Corona d’Italia, era convinto che, grazie a quel titolo, nessuno avrebbe osato toccarli. Invece lui e la madre furono catturati, portati a San Vittore, deportati a Bergen Belsen, partiti dal lugubre Binario 21. Riuscirono miracolosamente a salvarsi e tornarono a Milano nel ’46 dopo un interminabile girovagare per l’Europa. Solo allora Eugenia seppe che erano salvi, ma il fratello Alberto non fece mai ritorno.
Finita la guerra, Geni, rientrata sola a Milano, ebbe dal rabbino Friedenthal l’incarico di prendersi cura dei bambini ebrei sopravvissuti. Insieme a Matilde Cassin fu inviata alla colonia di Piazzatorre (BG) dove, già ad agosto del ’45, venivano raccolti i bambini che avevano trovato salvezza nei conventi lombardi. Erano prevalentemente italiani, ma cominciavano ad arrivare anche i primi bambini polacchi e ungheresi, provenienti dai campi. Erano ormai diventati un centinaio. Trenta bambine ciascuna, lei e Matilde, gli altri “affidati alle cure di Allegra, già maestra in via Eupili, e a Mario Navarra”.
Piazzatorre non era adatta per l’inverno, e cominciava a diventare piccola. Bisognava trovare una casa meglio attrezzata e più grande, anche perché la Brigata Ebraica portava ancora altri bambini, tanti. Matilde Cassin e Moshe Zeiri, della compagnia “Solel Boneh” della Brigata Ebraica, che fu direttore della Casa dei Bambini, individuarono l’avveniristica colonia di Sciesopoli a Selvino (BG). Per essa fino al 1948 di bambini e adolescenti ne passarono ben 800. Piazzatorre chiuse, ed Eugenia, a settembre del ’45, andò a Sciesopoli con le sue piccole. Nella nuova struttura i Bambini furono curati con mezzi migliori in un ambiente ben più confortevole. Intanto era nato l’amore tra Eugenia e Reuven Donat, anch’egli soldato della “Solel Boneh” e impegnato nella cura di quelli che sarebbero stati chiamati i Bambini di Selvino. Eugenia e Reuven si sposarono proprio a Sciesopoli nel febbraio del ’46. Eugenia Cohen divenne così Noga Donat, e dopo il matrimonio, fece l’aliyah con il marito, proprio nei giorni in cui veniva fortunosamente a sapere che i suoi genitori erano sorprendentemente in vita.
“Tutto quello che fate per i Bambini di Selvino, lo fate per me!”, aveva detto Noga a Tze’elim il 1° aprile 2016, quando si rinnovava il gemellaggio tra il kibbutz fondato dai Bambini di Sciesopoli Ebraica e la città di Selvino. Lo aveva detto con il cuore della maestra che considerava, a più di settanta anni di distanza, quei bambini come figli; lo aveva detto a quei Bambini di Selvino ancora in vita che la considerano ancora come una mamma. È stato un momento di altissima commozione e di vicinanza profondissima.
È stata la presenza a Sciesopoli di persone come Noga che ha donato ai Bambini di Selvino l’amore per la vita che ancora oggi essi conservano e trasmettono a figli e nipoti.
Non ha smesso un attimo, Noga, di preoccuparsi di Sciesopoli Ebraica e dei suoi Bambini. E’ stata lei a consegnare, il 2 novembre 2016 al Museo Eretz Israel di Tel Aviv, al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella una lettera in cui gli raccomandava attenzione per la salvaguardia della Memoria di Sciesopoli Ebraica.
(Nell’immagine in alto Noga a Sciesopoli, in basso durante un recente incontro con il presidente Mattarella)
Marco Cavallarin e Patrizia Ottolenghi
(13 febbraio 2017)