Identità, pluralismo, dialogo
“Ecco cosa ci ha lasciato Rosenzweig”

rosenÈ la congiunzione dell’incontro, del dialogo, della possibile connessione tra mondi diversi se non addirittura contrapposti. Per Franz Rosenzweig, grande filosofo tedesco scomparso nel 1929, tra i più stretti amici e collaboratori di Martin Buber la E gioca un ruolo fondamentale nella storia dell’umanità.
“La sua lezione è quanto mai viva, quanto mai fondamentale nel nostro presente” sottolinea Irene Kajon, docente di filosofia all’Università Sapienza di Roma e anima del convegno internazionale dedicato allo studioso che si è aperto ieri pomeriggio alla Pontificia Università Gregoriana. “La congiunzione e nell’opera di Franz Rosenzweig: Io e l’Altro, filosofia e teologia, tempo e redenzione, ebraismo e cristianesimo”. Titolo indicativo, che lascia intendere molto.
Quattro giornate di relazioni e testimonianze, per portare avanti il messaggio di Rosenzweig. Una sfida ancora più significativa in ragione degli enti che cooperano alla realizzazione di questa iniziativa. Università Sapienza di Roma; Centro per gli studi ebraici Cardinal Bea; Pontificia Università Gregoriana; Franz Rosenzweig Gesellschaft. Ma anche l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che patrocina l’evento e ospiterà stasera presso il suo Centro Bibliografico una sessione sul tema “Samuel David Luzzatto e Franz Rosenzweig: esegesi della Bibbia e interpretazione di Yehuda Ha-Lewi” con interventi, oltre che di Kajon, del rabbino capo Riccardo Di Segni e dello storico Gadi Luzzatto Voghera, moderati da Raffaella Di Castro.
“La E ci porta ad allontare gli esclusivimismi, la E ci porta a guardare l’Altro. Ci proietta in una dimensione di collaborazione essenziale” sottolinea Nuno da Silva Gonçalves, rettore della Gregoriana, facendo gli onori di casa. “Quello dell’incontro è un tema fondamentale di questi giorni, un tema assolutamente imprescindibile” conferma il direttore del dipartimento di Filosofia della Sapienza Stefano Petrucciani. Per padre Philipp Renczes, direttore del Centro Cardinal Bea, Rosenzweig ha elaborato fondamenti per un dialogo “che Chiesa cattolica ed Ebraismo hanno sviluppato negli anni successivi”.
Rosenzweig era esempio vivente della coesistenza di più tratti identitari, ha sottolineato la presidente UCEI Noemi Di Segni nel suo saluto: “Ebreo orgoglioso della sua identità, che non smise mai di interrogarsi sul senso di quella sua appartenenza, anche in rapporto con il cristianesimo, la religione più diffusa; tedesco, fiero di esserlo, innamorato della sua patria tanto da partire volontario nella prima guerra mondiale per servirla, una guerra in cui fu impegnato per ben tre anni; intellettuale ma anche uomo d’azione”.
In sala, tra il numeroso pubblico di accademici e studenti, l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede David Oren.
Spazio quindi alle parole degli studiosi, giunti da tutto il mondo.
I lavori procedono spediti anche nella giornata odierna, apertasi di primo mattino alla Sapienza.

a.s twitter @asmulevichmoked

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L’intervento della presidente UCEI Noemi Di Segni

Magnifico Rettore, illustri relatori, cari amici, cari studenti

Porto con piacere il saluto di tutte le Comunità ebraiche d’Italia in avvio di questo importante simposio internazionale incentrato su Franz Rosenzweig, filosofo di prominente e tra i più significativi esponenti dell’ebraismo tedesco del suo tempo.
Desidero rivolgere un sentito ringraziamento ai promotori dell’iniziativa, in particolare al Centro Cardinal Bea per gli studi ebraici della Pontificia Università Gregoriana, che oggi ci ospita in questa bellissima sede, al Dipartimento di Filosofia della Sapienza Università di Roma, alla Società internazionale di studi su Franz Rosenzweig [Franz Rosenzweig Gesellschaft], e a tutti coloro che hanno contribuito a renderla possibile.
Sono molto lieta del supporto che l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane alla realizzazione di questa tre giorni di studio e approfondimento, e in particolare all’organizzazione della tavola rotonda dedicata a Samuel D. Luzzatto e Franz Rosenzweig sull’esegesi della Bibbia e interpretazione di Yehuda Halevi, che avrà luogo domani al nostro Centro Bibliografico.
Questa collaborazione è il riflesso di quanto previsto nel documento conciliare Nostra Aetate n.4 sui rapporti con l’ebraismo, e dei successivi documenti tra cui cito: Orientamenti e suggerimenti per l’applicazione dello stesso. Non solo ribadisce la condanna della chiesa nei confronti di tutte le forme di antisemitismo ma sottolinea altresì l’importanza del messaggio in ambito educativo.
“L’informazione su queste questioni deve riguardare tutti i livelli d’insegnamento e di educazione del cristiano (…) L’uso efficace di tali mezzi presuppone una specifica formazione degli insegnanti e degli educatori nelle scuole, come pure nei seminari e nelle università. Si stimolerà la ricerca degli specialisti sui problemi relativi all’ebraismo e alle relazioni ebreo-cristiane, specialmente nei campi dell’esegesi, della teologia, della storia e della sociologia. Gli istituti superiori cattolici di ricerca, possibilmente in collaborazione con altri istituti cristiani ad essi analoghi, come pure gli specialisti, sono invitati a dare il loro contributo per la soluzione di tali problemi. Si istituiranno poi – dove ciò sia possibile – delle cattedre per studi ebraici, e si incoraggerà una collaborazione con studiosi ebraici.”
Ed è questo che nei prossimi quattro giorni si sta compiendo.
In questi tempi solo attraverso un progetto educativo – ampio e condiviso a tutti i livelli dell’istruzione, trasversale alle religioni – che mira a scardinare quanto ancora rimane della teologia della Sostituzione preconciliare e dei pregiudizi antigiudaici, si potrà contribuire allo sradicamento dell’antisemitismo. E ancor più ad evitare che si radichi nuovamente e con nuove forme alle quali oggi assistiamo nuovamente. Forse non saremo inermi perché la forza dei messaggi e degli sviluppi fortemente espressi nei più recenti scritti della Chiesa ci vedranno resistere assieme.
Io e l’altro. Noi e gli altri.
La declinazione del convegno, quell’interesse per la congiunzione “e” che molta rilevanza ha avuto nell’opera di Rosenzweig, ci offre lo spunto per alcune riflessioni.

Il popolo ebraico, come sapete, ha radici antiche e in Italia comunità ebraiche sono presenti da oltre duemila anni. Per questa esperienza la “convivenza nella diversità”, è per noi un punto di riferimento imprescindibile. Esistenziale. Capacità di incontro e confronto con le altre minoranze che oggi si trovano a vivere le problematiche dell’integrazione e della coesistenza.

Ogni estremo pensiero è, per definizione, rifiuto del dialogo, della coesistenza. Non solo coesistenza tra persone appartenenti a diverse fedi ma a volte anche coesistenza in noi stessi di più identità e dimensioni del nostro appartener.
Lo stesso Rosenzweig era esempio vivente coesistenza di più tratti identitari. Ebreo orgoglioso della sua identità, che non smise mai di interrogarsi sul senso di quella sua appartenenza, anche in rapporto con il cristianesimo, la religione più diffusa; Tedesco, fiero di esserlo, innamorato della sua patria tanto da partire volontario nella prima guerra mondiale per servirla, una guerra in cui fu impegnato per ben tre anni; Intellettuale ma anche uomo d’azione.

Oggi è molto più diffusa di un tempo l’appartenenza a più nazionalità, culture, riferimenti identitari. Un fenomeno che, per il popolo ebraico, popolo di erranti, ha radici antiche. Una condizione feconda e al contempo non semplice, che nel mondo contemporaneo si può abitare con maggiore naturalezza, e di cui la congiunzione “e” sa esprimere appieno l’essenza.

Proprio all’ebraismo diasporico, a quel complesso mondo che vide l’emergere di tante figure importanti per la cultura europea, sarà dedicata la prossima Giornata Europea della Cultura Ebraica, che l’UCEI promuove e coordina in Italia e che si svolgerà in settembre.

Vorrei ricordare in chiusura uno dei progetti di più ampio respiro che Rosenzweig portò avanti insieme a un altro grande filosofo ebreo, Martin Buber: la traduzione della Torah dall’ebraico al tedesco. Mi piace ricordarlo, perché in questi ultimi mesi abbiamo svolto un importante lavoro su lingue e dialetti ebraici [in primavera presso il cb si terrà un convegno sulle diverse lingue ebraiche, in collaborazione con l’Università Statale di Napoli, l’Orientale di Napoli e l’Università di Pisa], quali perno dell’identità ebraica e non solo; perché la lingua è lo strumento principe dell’incontro e del dialogo; e perché è recente, e ancora in corso di realizzazione, la traduzione in italiano del Talmud Babilonese, che ha visto la pubblicazione di un primo trattato lo scorso anno, riscontrando un inaspettato e diffuso interesse, anche nel grande pubblico.

Tradizione e Traduzione. Come salvaguardare quel che è patrimonio esistenziale dell’ebraismo e al contempo condividerlo con gli altri senza che se ne disperda la sacralità e l’essenzialità? Come rimanere noi stessi ma al contempo aprirsi e condividere il nostro essere? ho la fortuna in apertura di poter porre le domande, certa che dai molti approfondimenti che svolgerete emergeranno importanti risposte.
A tutti voi auguro buono studio e buon lavoro.

Grazie.

Noemi Di Segni, Presidente UCEI

(22 febbraio 2017)