Levi Papers
Edipo e la Sfinge

belpolitiLa strisciolina di carta qui non c’è. Si tratta di poche righe; il redattore dell’Einaudi ha preferito, invece che incollare la striscia, aggiungere a mano con la sua penna di colore rosso la frase di Levi. Si trova alla pagina 115 della edizione del 1947: “Le mie idee sono chiare, e mi rendo conto anche in questo momento che la posta in gioco è grossa; eppure provo un folle impulso a scomparire, a sottrarmi alla prova”. La si trova inserita nella versione del 1958 di “Se questo è un uomo”; viene subito dopo la frase in cui Primo Levi si paragona a Edipo davanti alla Sfinge. Ha anche corretto “io sono come Edipo davanti alla Sfinge”, con “mi sento come…” (sentirsi come, non essere). Edipo compare qui per la prima volta, e poi più in nessun altro luogo dell’opera di Levi. Reminescenza classica. Citazione bella e intensa. Ma è in quell’aggiunta che si misura la forza della scrittura di Levi, e dunque della sua testimonianza. Un dettaglio psicologico importante. “Le mie idee sono chiare”, evoca senza dubbio Cartesio. Il filosofo francese è presente nella nuova versione del capitolo “Il viaggio”: “civili fantasmi cartesiani”, è scritto nelle prime righe della versione 1958. Il giovane chimico torinese ha le idee chiare davanti al Dottor Pannwitz, nel momento in cui viene esaminato; sa cosa si sta giocando con quell’esame. Superarlo significa stare al caldo nel laboratorio, diventare uno “specialista”, qualcuno che è indispensabile, e quindi con maggiori possibilità di sopravvivere: “La posta in gioco è grossa”. Con quel “eppure” introduce uno stato d’animo particolare: una forma di cupio dissolvi. Un “folle impulso” s’impadronisce di lui. Vorrebbe “scomparire, sottrarsi alla prova”. Osservazione sottile e intensa. E insieme umanissima. La stessa che deve aver provato in altri momenti della sua vita, forse agli esami, a Torino, nella facoltà di Chimica. Forse in altri frangenti. La voglia di sottrarsi alla prova dà a queste righe un tono unico. In Levi vive un attento psicologo, di se stesso, prima di tutto, un uomo capace d’introspezione. Sono passi come questo che conferiscono al suo primo libro, alla testimonianza di “Se questo è un uomo”, un sapore particolare, che non troviamo in documenti o scritti di altri deportati. La capacità di rappresentare i propri stati d’animo, dallo sconcerto alla paura, dall’angoscia all’ansia, dal sollievo alla vergogna, che fanno sì che questo libro sia, tra le tante cose, un prezioso osservatorio sulla psicologia degli esseri umani in condizioni estreme. “Uno studio pacato di alcuni aspetti dell’animo umano”, scrive all’inizio del libro nel 1947. Davvero unico.

Marco Belpoliti, scrittore

(26 febbraio 2017)