Il derby e il grande sogno di Giorgio
L’esordio sarebbe stato il massimo, meglio di una favola. Ma questo primo assaggio di calcio ad alto livello resterà comunque indimenticabile.
Diciotto anni ad agosto, Giorgio Spizzichino è una grande promessa della Lazio. Un passato di attaccante, l’arretramento sulla fascia e quindi la definitiva consacrazione come terzino destro.
Ieri, per la prima volta, mister Inzaghi l’ha voluto con sé tra i convocati. E mica per una partita qualunque, l’atteso derby di Coppa Italia con la Roma. Forse la partita più importante della stagione per l’undici biancoceleste (che non ha fallito l’obiettivo).
Con la maglia 43 addosso Giorgio si è seduto in panchina e ha assaporato il brivido di un possibile debutto, che non è arrivato ma che sembra comunque vicino. Involontariamente forse, Giorgio è stato anche artefice di un piccolo miracolo. Nella Comunità ebraica romana, tradizionale feudo giallorosso, c’è stato infatti chi, almeno per una serata, ha messo da parte la propria fede calcistica e fatto il tifo per un giocatore degli odiati cugini.
Troppo forte l’orgoglio per quel ragazzo così promettente, che al Portico d’Ottavia ha un pezzo del proprio cuore, delle proprie origini, del proprio vissuto familiare.
“Diciotto anni ancora da compiere, ma tanta voglia di imparare e di migliorarsi. Dove? Basta chiedere a lui, e vi risponderà che si può migliorare in qualsiasi aspetto: per crescere c’è sempre tempo” si legge di Giorgio sul sito della Lazio.
Inevitabili in queste ore i paragoni con Giovanni Di Veroli, classe 1932, sei stagioni in Serie A con la Lazio, dove arrivò dopo essere stato lanciato nel grande calcio da una squadra che in quegli anni fece molto parlare di sé: la Stella Azzurra.
La Stella era quella di Davide. Azzurro il colore dello Stato di Israele.
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(2 marzo 2017)