I segreti di Manchester by the Sea

I suoi genitori hanno divorziato quando aveva cinque anni. Un anno più tardi sua madre si risposava e Kenneth Lonergan, Oscar per la sceneggiatura di Manchester by the Sea che ha anche diretto, si trasferiva con la nuova famiglia in un palazzo in Central Park West. Qui il regista – di padre irlandese come dice il nome – è cresciuto in un universo ebraico. Sua madre e il nuovo marito, entrambi psichiatri, erano ebrei come lo erano i loro amici e conoscenti. “Pensavo che tutti fossero ebrei”, ha raccontato sul New Yorker il regista di uno dei film più belli della stagione (il protagonista Casey Affleck ha anche spuntato l’Oscar come miglior attore protagonista). “Non sapevo che in qualche modo era fuori del comune. Quando alla fine ho incontrato qualcuno che non era ebreo ho preso atto, ma mi ci è voluto un po’ per assorbire l’idea”.
L’ambiente in cui Lonergan è cresciuto, tradizionale ma non religioso, democratico e intellettuale, privilegiato ma non troppo (“un sacco di dottori, avvocati, psichiatri, operatori sociali e un po’ di gente dello spettacolo”) ha senz’altro influito sui suoi primi lavori, da You can Count on Me (2000) a Margaret (2011), se non altro per una certa visione dei rapporti umani. Ancora più notevole è vedere come, in Manchester by the Sea, Kenneth Lonergan riesca a calare questa sensibilità acuta e sofistica in un contesto del tutto diverso per raccontare il dolore del lutto depurandolo fino all’estremo.
Nel film Lee Chandler (Casey Affleck) è un uomo delle pulizie e tuttofare che vive nei sobborghi di Boston in un profondo isolamento. La morte improvvisa del fratello Joe lo obbliga a tornare nella sua città natale per occuparsi dei funerali e prendersi cura del nipote Wes (un bravissimo Josh Hamilton). In quei giorni l’uomo sarà costretto a fare i conti con il dramma che ha segnato la sua vita e con la prospettiva di potere forse ricominciare.
Ritmato da musiche meravigliose – il Messiah di Handel e l’Adagio di Albinoni, tra le altre – il film esplora lo strano impasto che mescola vita e morte. Tanto per dire, appena usciti dall’agenzia funebre zio e nipote, anziché piangere calde lacrime, rischiano di finire a pugni perché nessuno dei due ricorda dove hanno parcheggiato la macchina. Si ride e si sorride, in questo film. Si rimane senza fiato davanti alla bellezza del mare, ci si commuove e ci si ribella davanti a certi giochi del destino.
Proprio lungo questa strada di assoluta normalità Lee Chandler finisce per compiere la sua scelta. E’ una delle mille possibili risposte, ci dice Kenneth Lonergan, all’interrogativo che assilla chiunque perda un persona cara. Come si fa ad andare avanti? “Le persone non vogliono lasciarsi alle spalle i loro sentimenti di perdita”, ha spiegato Lonergan in un’intervista a Npr. “Mio padre è morto quest’anno, mia madre non sta bene e il mio amico Patsy Broderick che è morto più di dieci anni fa ancora mi manca. Non voglio lasciarli indietro. nessuno vuole superare il lutto stare bene”. L’unico modo di andare avanti, spiega il regista, è portare con noi chi non c’è più. Ciascuno a suo modo. Tavolta, come Manchester by the Sea ci mostra, andando contro tutti.

Daniela Gross

(2 marzo 2017)