FESTIVAL Jewish Book Week, storia di un successo. A Londra, da sessantacinque anni, carta canta

jewish book weekNon basta più la decina di giorni previsti a contenere la girandola di occasioni di incontro con la cultura ebraica che la Jewish Book Week (JBW) offre ai londinesi così come ai tanti appassionati per i quali, di anno in anno il Festival internazionale del libro ebraico di Londra è un appuntamento imperdibile. La sessantacinquesima edizione, appena conclusa, è stata più ricca che mai, a riprova di un percorso di crescita e di successo che non ha avuto interruzioni sin da quando, nel novembre del 1952, il Jewish Book Council (JBC) presieduto da George Webber organizzò quattro giorni dedicati al libro ebraico. Sotto la guida dell’ebraista, appassionato di libri, che ha saputo intuire che successo avrebbe potuto avere una serie di incontri con relatori di rilievo, unita alla possibilità di acquistare libri a tema ebraico, venne così ripresa quell’occasione di incontro e di confronto che già si era tenuta nel 1937, a Glasgow, e nel 1938 a Manchester.
La Book Week che si tenne a Londra nel 1949, invece, venne promossa dal Central Jewish Lecture Committee, come iniziativa una tantum, ma già nel 1947 Webber aveva fondato, insieme a un gruppo di persone con cui sentiva una forte affinità di intenti, il Jewish Book Council, che negli anni del primo dopoguerra di concentrò soprattutto nella promozione di diversi Jewish Book Circles, che organizzavano il lancio di libri, o letture pubbliche, ponendo così le basi per un rapporto fruttuoso con il Jewish Memorial Council e con la sua libreria. La grande differenza, rispetto alle iniziative precedenti, idea centrale della Jewish Book Week del 1952 che di fatto la marca come prima edizione dell’attuale manifestazione, è il suo carattere spiccatamente e dichiaratamente nazionale. L’appuntamento, fu sostenuto entusiasticamente dal Rabbino capo del Regno Unito, che si spinse a dichiarare il sabato successivo “Shabbat della Jewish Book Week”, chiedendo a tutti i celebranti del paese di dedicare i propri discorsi e le proprie lezioni all’importanza della lettura. Anche i dirigenti scolastici vennero invitati a dedicare lezioni ai libri e alla lettura, e i relatori più notevoli di quella prima edizione – Cecil Roth, Louis Golding e S. J. Goldsmith – ebbero un pubblico numerosissimo. Furono numerosi anche gli editori coinvolti, e si tennero incontri e iniziative anche a Manchester, Liverpool, Glasgow, come pure a Dublino e Cardiff. Anche il Jewish Chronicle venne coinvolto, e la settimana prima dell’iniziativa pubblicò un supplemento, il “Book Week Supplement”, enfatizzando in numerosi altri articoli l’importanza dei libri e della cultura e scrivendo che “Nessuna generazione in cui l’ebraismo ignora l’importanza fondamentale dei libri può sperare di sopravvivere. Il libro ha un significato unico ed è perenne emblema della ‘Jewish way of life'”.
Erano manifestazioni molto brevi, ma la loro importanza, in un periodo in cui la vita culturale era molto ridotta, fu notevolissima soprattutto per il suo radicamento fortissimo, molto sentito soprattutto da parte della comunità ebraica. Un rapporto forte, che fece subito percepire la manifestazione come un patrimonio comune, condiviso, da seguire e sostenere con impegno.
A differenza di quanto accade oggi, in un’epoca in cui la disponibilità e la reperibilità dei libri è ben diversa, nelle prime edizioni la possibilità di acquistare quei libri di argomento ebraico per i quali esistevano pochissime librerie specializzate, era di importanza capitale. Una serata dedicata all’ebraico, organizzata dalla Zionist Federation, ospitava scrittori israeliani, e alcuni gruppi che avevano occasione di fare conversazione in ebraico, evento molto raro negli anni Cinquanta, in cui anche la possibilità di recarsi in Israele era molto differente da ora. I programmi dedicati alle scuole, anche hanno avuto molta importanza, e la maggioranza delle scuole ebraiche londinesi portava gli alunni più grandi agli incontri, o a laboratori appositamente organizzati, o alla proiezione di film, alla cui fine c’era la possibilità di acquistare libri a tema ebraico per ragazzi, un’occasione ghiotta e all’epoca molto rara. Un effetto imprevisto ma subito sostenuto con entusiasmo dagli organizzatori fu che molte scuole iniziarono a organizzare internamente giornate o intere settimane dedicate ai libri, e alla lettura. E non poteva mancare ovviamente una Gara di poesia, il cui vincitore veniva premiato durante un thè a casa del Rabbino Capo.
Altra caratteristica notevole della manifestazione, nei primi anni, fu che vi veniva accolto, ospitato, invitato e rappresentato tutto il mondo ebraico, dai suoi rappresentanti più ortodossi a quelli più progressisti. Una scelta molto più difficile oggi, mentre allora, molto semplicemente, tutti erano felici di partecipare.
Il crescere della manifestazione portò alla ricerca di nuove sedi, già a partire dagli anni Ottanta, portando di fatto la Jewish Book Week ad animare l’intera città, con un programma di incontri che si tenevano anche a Oxford e Cambridge, le due sedi in cui si organizzava soprattutto incontri con studiosi docenti e ricercatori universitari, in gran parte provenienti da Israele, con una crescita che portava la settimana del libro ebraico ad essere davvero nazionale, come auspicato sin dagli anni Cinquanta. La stampa nazionale, anche iniziava a prendere nota del festival, con pagine speciali che uscirono inizialmente solo sul supplemento letterario del Times, per poi raggiungere anche altre testate, e Waterstone, la catena di librerie che ancora oggi dimostra di avere capacità di cogliere i segni del tempo e sviluppare iniziative innovative fu la prima a organizzare un proprio programma parallelo di incontri a tema. Negli anni Novanta, poi, la crescita della JBW portò a una modifica soprattutto logistica, con la ricerca di sedi più adeguate, che però portarono a un aumento dei costi, e alla decisione di far pagare un biglietto di ingresso, pur mantenendo una certa quota di incontri ad accesso libero. In parallelo fu necessario spingere sulla raccolta fondi, e sulla ricerca di sponsorizzazioni, il cui successo permise di allargare la manifestazione fino ai nove giorni attuali. Era l’avvio di una macchina organizzativa che richiedeva una crescente professionalizzazione, necessaria per gestire quello che si è trasformato in un appuntamento letterario internazionalmente riconosciuto, la cui crescita graduale, però, ha saputo consolidare di anno in anno sia il radicalmente territoriale che il rapporto con un pubblico numeroso, attivo, entusiasta. E proprio l’entusiasmo che raccoglie, insieme alla serietà degli organizzatori e all’interesse del programma, è la caratteristica più notevole e incredibilmente costante di una manifestazione che in sessantacinque anni ha saputo adattarsi, crescere, e modificarsi senza snaturare la sua caratteristica originaria di essere innanzitutto una grande e imperdibile occasione di celebrare il rapporto tra l’ebraismo e la pagina scritta, stampata.

Ada Treves