Il significato di Purim
Mordechai invita gli ebrei a non partecipare al banchetto di Assuero affinché non partecipino alla festa di un malvagio. Si rifiuta di inchinarsi ad Aman perché lui era ebreo. Ester obbedisce a Mordechai perché era uno dei maestri del tempo. A distanza di anni sembrano gesti normali, giustificabili dal conoscere la fine della storia, che però di per sé oggi rappresenterebbero motivo di grande discussione. Quanti rifiuterebbero l’invito da parte di un re a un banchetto o se, presenziandovi, si attenessero alle regole dell’ebraismo e non alle proprie? In quanti, come fa Ester, hanno un rispetto per i chachamim così alto da eseguire quanto ci viene detto? Non è ovviamente una gara a sapere chi di noi oggi sarebbe più bravo, ma un motivo di riflessione sì. Purim non è il carnevale ebraico, ma una festa che nella sua gioiosità ci pone grandi domande. Gli ebrei si salvarono per la capacità di saper fare teshuva, affidandosi ai maestri in un momento di grande pericolo. È la festa in cui D-o non appare, sembra quasi nascosto, ma sappiamo che c’è e interviene nella storia. A Purim impariamo grazie a Mordechai e Ester che il popolo ebraico non piega i propri valori alla legge degli altri popoli e del tempo e che la Torah ha un valore universale ed eterno valido ancora oggi. Per questo ci troviamo ancora a festeggiarla.
Daniel Funaro
(9 marzo 2017)