Levi Papers
Ulisse e la luce
Il canto di Ulisse è il più letterario dei capitoli di Se questo è un uomo. L’aggiunta della edizione del 1958 questa volta non è di mano di Levi; o meglio: non c’è la striscia di carta, perché il redattore con la sua biro rossa ha aggiunto lui sul bordo del libro (Se questo è un uomo edizione De Silva) la frase nuova di Levi, e ha corretto la precedente. Prima la frase iniziale (1947) suonava così: “Eravamo sei in una cisterna interrata, al buio. Non era uno dei lavori peggiori, perché nessuno ci controllava; però faceva freddo e umido. La polvere di ruggine ci bruciava sotto le palpebre e ci impastava la gola e la bocca con un sapore quasi di sangue”. Ora Levi aggiunge un verbo: “a raschiare”. Poi toglie: “al buio”. Un cambio visivo fondamentale: “la luce del giorno ci giungeva soltanto attraverso il piccolo portello d’ingresso”. Dal buio alla luce. Così: “Non era uno dei lavori peggiori”; diventa: “Era un lavoro di lusso”. Sono piccoli tocchi apportati a distanza di anni, che risentono della maggior qualità letteraria della sua scrittura. Non che non ci fosse anche in precedenza, perché Levi prima ancora che testimone è scrittore; la sua testimonianza arriva attraverso parole e frasi che hanno una caratura letteraria. Lo mostrano anche queste piccole correzioni. Continua a lavorare sul suo testo; lo aggiusta, lo perfeziona, lo impreziosisce; ma sempre con misura, senza mai eccedere. Luce e buio sono due stati percettivi. Hanno anche un valore simbolico. Nella edizione del 1947 la parola “luce” c’è 12 volte; “buio” 11 volte. Compaiono sempre in momenti topici della vicenda, e hanno un valore sia percettivo che simbolico. Come il buio che li attende all’arrivo ad Auschwitz, o quello in cui scompaiono “le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli”. Aprire il capitolo di Dante, del suo canto, con la luce, invece che con il buio, non è casuale. Da quel “portello”, altra aggiunta del 1958, entra Pikolo, Jean Samuel, e con lui la luce dei versi del padre Dante. Non sarà la luce del Paradiso, ma è pur sempre una luce, quella del giorno, ed è la luce della poesia e della memoria, che irrompe nel buio del campo e ci dona nelle pagine seguenti un momento di grande poesia: “Eravamo sei a raschiare e pulire l’interno di una cisterna interrata; la luce del giorno ci giungeva soltanto attraverso il piccolo portello d’ingresso”.
Marco Belpoliti, scrittore
(12 marzo 2017)