Datim leumim e Tikun Olam
La elezione di Donald Trump negli Stati Uniti ha messo in evidenza una questione che si era già affacciata per noi ebrei italiani in occasione dei Governi del Centro-Destra: la divaricazione tra lo Stato d’Israele e gli ebrei della diaspora nella valutazione di un Governo. Lo Stato ebraico giustamente informa i rapporti con gli altri Governi sulla base delle esigenze e valutazioni politiche proprie di uno Stato. La sensibilità dell’elettorato ebraico di un dato Paese è invece condizionata da valutazioni di altro genere. Nel caso italiano dalla presenza nel Governo di esponenti che si richiamavano alla tradizione fascista. Berlusconi come Premier italiano migliorò moltissimo i rapporti con Israele rispetto ai Governi precedenti eppure la Comunità ebraica mostrò sempre molta prudenza nei confronti della destra di Governo
Donald Trump succede ad un Presidente, Obama, che è stato percepito come ostile ad Israele e promette un forte appoggio a Netanyahu. Ciò era apparso chiaro già durante la campagna elettorale e tuttavia è noto che gli ebrei statunitensi hanno votato in grandissima parte per la candidata democratica. Il caso americano sembra diverso da quello italiano, anche se si discute molto sul ruolo di Steve Bannon e la sue tendenze razziste, alla Casa Bianca non ci sono gli eredi dei repubblichini come nei Governi di Berlusconi. Da cosa dipende allora questa divaricazione tra la Comunità ebraica americana e lo Stato d’Israele di fronte all’amministrazione Trump?
In un interessante intervento su Shalom di Febbraio il professore Ugo Volli prova a dare una risposta: per gli ebrei americani, opporsi a Trump è conseguente al loro attaccamento ai valori ebraici di tolleranza, giustizia sociale e “partecipazione al destino degli oppressi”. Per costoro la fede conta poco, quel che importa è l’impegno sociale, l’ebraismo diviene universalismo “dove l’identità ebraica si riduce al compito di essere esemplare per amore per l’umanità, tentativo di migliorare il mondo e di prendere il punto di vista dei più deboli”. Questo modo di pensare l’ebraismo “lo trasforma in un’ideologia genericamente progressista che ignora sia la sua specifica dimensione religiosa, sia quella di popolo e la vocazione verso la terra di Israele”.
Opposte alla concezione ebraica “americana”, secondo Volli ci sono la tradizione religiosa dei precetti e dello studio della Torah e la difesa dello Stato d’Israele come “solo luogo in cui nelle condizioni della modernità è davvero possibile salvaguardare a lungo termine la tradizione millenaria”.
Le riflessioni di Volli sono importanti perché ci aiutano a riprendere la nostra posizione. Noi siamo convinti che l’ebraismo universalista e arituale fosse alla base del Sionismo politico e realizzatore prima della creazione dello Stato di Israele. A cavallo tra il XIX e il XX secolo l’ideologia progressista e areligiosa non ha per nulla ignorato l’idea di popolo legato alla sua terra di Israele. Tutt’altro!
Anche per gli ebrei americani lo Stato d’Israele ha rappresentato per lungo tempo il centro della propria identità, come Stato Ebraico del popolo di Israele e perciò legato alla tradizione sociale dei Profeti. Se non proprio lo Stato etico, certamente lo Stato dell’etica ebraica.
La realtà è che molti ebrei americani percepiscono ora un certo allontanamento dello Stato d’Israele dalla ideologia sionista delle origini, per questo essi stessi si allontanano da Israele. Secondo Volli questo è un effetto della politica terzomondista di Obama e Merkel che ha fatto presa anche sugli ebrei americani. Noi non ne siamo convinti.
Ciò che Volli però ci induce a prendere in considerazione è che alla base della divaricazione non ci siano solo interessi diversi tra una minoranza che crede che la sua sopravvivenza sia legata al tasso di democrazia del Paese in cui vive, e che la diminuzione dei diritti chiunque tocchi è comunque un pericolo e uno Stato che deve legittimamente perseguire i sui interessi, le sue alleanze geo-politiche e i suoi obiettivi statuali.
Volli ci indica che alla base della divaricazione potrebbero anche esserci due diverse concezioni dell’ebraismo, da una parte l’ebraismo religioso che mette al centro della sua politica la terra di Israele come precetto biblico – non a caso Volli cita l’esempio del movimento “dati leumi” che coniuga la fedeltà religiosa alla difesa nazionale. Dall’altra un ebraismo che mette al centro il Tikun Olam, inteso come riformismo politico e dottrina sociale ebraica. Da parte mostra crediamo che l’ideale di uno Stato ebraico non sia solo un concetto religioso, e che l’idea di una pacificazione coi palestinesi sulla base di eguali diritti non sia un’aspirazione solo per anime belle, ma al contrario che sia una possibile espressione del Tikun Olam anche esso, a nostro avviso, alla base della identità ebraica.
Anselmo Calò
(13 marzo 2017)