Qui Torino
Dal raglio dell’asino al dialogo
Un successo la visita dei luterani
È una parte consistente della comunità luterana di Torino, quella che ha voluto partecipare all’incontro – guidato da Heiner Bludau, pastore della Chiesa luterana di Torino e decano delle Chiesa evangelica luterana in Italia – che, come auspicato dalla vicepresidente della Comunità ebraica Alda Guastalla – apre una nuova stagione nei rapporti tra le due comunità cittadine. Dopo il benvenuto della vicepresidente e il saluto di David Sorani, è stata Ori Sierra, con l’esperienza di anni di insegnamento, a guidare le delegazione composta da una ventina di persone nella storia e nel significato delle tradizioni e dei riti della minoranza ebraica italiana. Dal senso stesso del termine sinagoga alla modalità di lettura della Torah, dalla storia della Comunità torinese al significato degli oggetti e degli arredi. Franco Segre, poi, ha raccontato agli ospiti la storia delle sinagoghe torinesi, a partire dall’avventura originaria che, dopo la concessione delle Regie Patenti da parte di Carlo Alberto nel 1848, aveva portato la comunità ad affidare all’Antonelli l’edificazione di quella che sarebbe dovuta essere la sinagoga cittadina. Il progetto del grande architetto portò però all’edificazione di una struttura troppo grande e anche troppo dispendiosa per la comunità, che cedette quello che è noto ora come simbolo di Torino, la Mole Antonelliana, in cambio del terreno su cui si trova l’attuale sinagoga, opera dell’architetto Petitti. La storia della sinagoga piccola, con i suoi arredi secenteschi, nata come forno delle azzime, le vicende degli ebrei piemontesi e la costruzione e ricostruzione dell’attuale sinagoga maggiore hanno preceduto le parole di rav Ariel Di Porto, che ha sottolineato come, nonostante sia noto che le religioni hanno spesso fra loro un rapporto tormentato, è importante imparare a parlarsi. Ha citato un commento del Maharal a un brano del Talmud, in cui il progredire della notte è segnato dal raglio dell’asino, dall’abbaiare di un cane e poi dalle parole che si scambiano moglie e marito: “Il linguaggio del Talmud, come sappiamo, è sempre molto immaginifico, e la notte in realtà rappresenta lo svolgersi della storia umana e del rapporto tra israele e gli altri popoli. In qualsiasi tradizione religiosa vediamo uno sviluppo che all’inizio contiene messaggi più duri, che con il tempo vengono sublimati. Questo passaggio è quello che consente poi il dialogo fra le religioni, e il Maharal scrive che l’asino rappresenta la “madre verità”, i rapporti più grossolani tra le varie tradizioni religiose, che spesso scaturiscono nella violenza, seguiti da una fase di persecuzioni, in cui uno vuole mordere l’altro, come il cane. Segue però poi il momento del dialogo tra marito e moglie, che sicuramente non è un dialogo facile, sono sempre possibili i litigi e i passi indietro, ma con nostra moglie abbiamo già costruito un rapporto, non è una sconosciuta, possiamo e dobbiamo avere dialogo costruttivo”.
Molto positiva la risposta degli ospiti, con il pastore Bludau che, dopo il ringraziamento ai rappresentanti della comunità ebraica e ai responsabili dell’Amicizia ebraico-cristiana che si sono fatti promotori dell’incontro, ha raccontato come i luterani torinesi, prevalentemente di lingua tedesca, si ritrovino regolarmente per un “pomeriggio italiano”, e per un “pomeriggio tedesco”: “Nel ‘pomeriggio italiano’, abbiamo parlato di ebraismo, in preparazione di questo incontro, a partire da un testo del rabbino Benedetto Carucci. E di ebraismo abbiamo discusso anche nel nostro ‘pomeriggio tedesco’. Nessun tedesco può evitare di confrontarsi con la storia della Shoah, si tratta di riflessioni importanti, e inevitabili. Ci sentiamo qui in visita da voi come parenti, non come turisti, per noi gli ebrei non sono un gruppo come un altro, è importante ricordarlo”. È stato poi un regalo simbolico, un segno di amicizia, a mostrare con grande evidenza lo spirito della visita: il pastore ha portato con sé l’immagine di piccolo albero, “di cui sono fondamentali sia le radici che i rami”.
a.t. twitter @ada3ves
(17 marzo 2017)