ORIZZONTI Hisham Matar, una lunga ossessione il padre dissidente rapito da Gheddafi
Hisham Matar / IL RITORNO / Einaudi
Si intitola Il ritorno, ma è piuttosto il lacerante racconto di una ricerca che dà forma a una vita intera l’ultimo libro dello scrittore libico Hisham Matar, che uscirà in Italia per Einaudi il 21 marzo.
«La scomparsa di un padre, un viaggio a casa», così nel 2013 il New Yorker presentava quello che sarebbe poi diventato il primo capitolo di questo lavoro: il ritorno in Libia nel 2012 dopo oltre 30 anni di esilio dell’autore. Il libro è scritto come un romanzo, ma è allo stesso tempo autobiografia e fotografia di decenni di storia libica.
Jaballa Matar, il padre di Hisham, è stato ufficiale e diplomatico sotto il re Idris, ancora diplomatico durante i primi anni al potere di Muammar Gheddafi. Si è ritirato a vita privata dopo aver capito la natura del giovane colonnello, e ha fatto fortuna come imprenditore. È con i soldi messi da parte che l’uomo ha formato il suo movimento, anche armato, di dissidenza contro Gheddafi, con base nel vicino Ciad. Nel 1979, è stato costretto a portare la famiglia in Egitto, dove ha vissuto in esilio fino a quando, nel 1989, mentre il figlio era all’università a Londra, è stato rapito dai servizi libici. Da quel momento, Hisham non ha smesso di cercare suo padre.
Il ritorno è il racconto di una ricerca angosciata, spesso ossessiva, e di un’assenza che pervade una vita ma che, in mancanza di dettagli certi, non si placa nella dolorosa ma riposante certezza della morte.
Il racconto dell’assenza del padre, l’intima storia di una famiglia cui è negata l’elaborazione del lutto si intrecciano nelle pagine con il racconto storico, in una fluidità geografica che porta il lettore da Bengasi a Londra, da Tripoli al Cairo, dal deserto libico a New York.
Alla ricerca del padre, in una narrazione che, benché si conosca già la sorte di Jaballa Matar, tiene incollati alla pagina come un giallo, l’autore racconta anche tormentati decenni di storia libica. È infatti una famiglia di dissidenti quella di Hisham, e se attraverso la scomparsa del padre si snoda il racconto dell’opposizione al regime di Gheddafi negli anni 80, ascoltando i ricordi di nonno Hamed si torna alla resistenza libica contro la colonizzazione italiana, e nelle fotografie del giovane cugino Izzo, che passano veloci sullo schermo di uno smartphone, si rivivono le tappe della ribellione armata del 2011. Quella ribellione è nata da una rivolta popolare, innescata a Bengasi anche dalle famiglie di detenuti uccisi dal regime nella strage del 1996 nel carcere di Abu Salim, dove almeno per un certo tempo è stato rinchiuso Jaballa: 1.270 prigionieri furono ammassati nei cortili della prigione. I cadaveri, hanno raccontato testimoni rimasti nelle celle, furono lasciati lì, a marcire per giorni. Passarono mesi prima che confuse notizie del massacro raggiungessero il mondo esterno. La famiglia Matar non ha ricevuto più lettere da Jaballa a partire proprio da quel 1996. Per anni però, nell’incertezza, ha mantenuto viva la speranza, aggrappandosi a brandelli di informazioni e ricordi di ex detenuti.
Nell’estate del 2011, i ribelli armati sono entrati a Tripoli e hanno liberato i prigionieri dalle anguste celle di Abu Salim, i muri ricoperti di disegni e scritte, poesie, pagine di riviste strappate con fotografie di posti lontani… Neppure allora, quando parenti e amici che avevano partecipato alla liberazione hanno rivelato a Hisham che il padre non era tra i sopravvissuti, l’autore ha smesso di cercare. Per placare la propria angoscia vuole conoscere i dettagli: dove sono stati e come sono stati gli ultimi istanti della sua vita? Da qui, l’urgenza del viaggio, del ritorno in Libia.
«Non smetto di interrogarmi su ciò che mio padre dovette subire durante la prigionia. La mia mente è fissa sui primi giorni, le prime ore. E’ come se la mia immaginazione, quando si concentra sulla sua vita in carcere, entrasse nella nebbia. Riesco a vedere solo per un breve tratto».
Rolla Scolari, La Stampa, 19 marzo 2017