Levi papers – Alberto, gli scontrini e i tedeschi
Una delle aggiunte più consistenti dell’edizione 1958 di “Se questo è un uomo” è su tre fogli dattiloscritti: il primo è meta di un foglio; il secondo è un foglio intero; il terzo pure, ma le righe battute a macchina occupano solo un quarto della pagina. Sono inseriti nel capitolo “L’ultimo”, in cui Levi descrive l’impiccagione di uno dei rivoltosi di Birkenau, probabilmente un membro del Sonderkommando, che ha preso parte alla rivolta contro le SS. Nella versione 1947 Primo e Alberto camminano e parlano. Hanno due gamelle vuote, e Alberto la menashka, il contenitore ricavato dalla lamiera zincata, quasi un secchio, segno evidente della posizione di rilievo raggiunta dai due deportati nel campo. Levi ha aggiunto i tre fogli dando più spazio nel capitolo ad Alberto, personaggio che ha ora una dimensione narrativa più ampia. Viene raccontata la sua abilità nel trafficare tra la Buna e il Lager di Monowitz. Lui e Primo pensano persino di comprarsi una seconda menaschka, indice inconfutabile che la loro condizione alimentare è buona. Sono tre le imprese descritte nei fogli aggiunti. Almeno una delle “tre nuovissime imprese” è un’idea di Primo, e nel nuovo brano se ne vanta. La terza riguarda gli scontrini, quelli che servono a controllare che i deportati abbiano fatto la doccia obbligatoria. Uno dei fiduciari dei capi baracca tasta come Polifemo chi esce dalla doccia per verificare se è bagnato. Se sì, gli passa uno scontrino; altrimenti, se è asciutto, riceve cinque nerbate. Inoltre “solo presentando lo scontrino si può riscuotere il pane al mattino”. Alberto si concentra su questo dettaglio, e anche Primo che lo racconta. Gli scontrini sono pezzi di carta e dati in mano ai deportati umidi si spiegazzano e diventano irriconoscibili. Scrive: “Alberto conosce i tedeschi, e i Blockälteste sono tutti tedeschi o di scuola tedesca: amano l’ordine, il sistema, la burocrazia; inoltre, pur essendo dei tangheri maneschi e iracondi, nutrono un amore infantile per gli oggetti luccicanti e variopinti”. L’osservazione fa parte di quelle considerazioni che Levi dedica ai tedeschi. Lo ripeterà di nuovo ne “La tregua”, là dove paragona i tedeschi ai russi: “gli uomini valenti della Russia vecchia e nuova, miti in pace e atroci in guerra, forti di una disciplina interiore nata dalla concordia, dall’amore reciproco e dall’amore di patria; una disciplina più forte, appunto perché interiore, della disciplina meccanica e servile dei tedeschi”. E ancora, nel medesimo libro: “Ma i russi, a differenza dei tedeschi, non posseggono che in minima misura il talento per le distinzioni e per le classificazioni”. Il disprezzo che Levi mostra verso i tedeschi per la loro mania dell’ordine è ripetuto in vari passi del suo primo libro. La ragione di questo sentimento è profonda: anche Levi ama le classificazioni, l’ordine e persino il “sistema”. Ma non quello meccanico dei suoi carnefici. Ha un’altra idea dell’ordine, come mostrerà nei libri seguenti, e in particolare in “Il sistema periodico”, il cui titolo richiama proprio un sistema classificatorio, quello degli elementi chimici di Mendeleev. Lì c’è l’ordine superiore che dà forma alla materia. Tuttavia è la seconda parte della frase, inserita nel passo del 1958, che attira l’attenzione: i tangheri maneschi e iracondi, che come dei bambini amano gli “oggetti luccicanti e variopinti”. Osservazione semplice ed efficace che aggiunge un tocco psicologico all’invenzione di Alberto: 200 dischetti in cambio di dieci razioni di pane. Alberto ha architettato la possibilità di produrre dischetti diversi per colore a seconda delle baracche; Levi lo definisce: “portentoso articolo di moda”. È un’osservazione da psicologo, meglio da etnologo, che sta studiando una popolazione di “selvaggi”: tutti quelli che vivono nel Lager. Forse questa sensibilità gli deriva dalla lettura delle pagine di Lombroso nei libri paterni circolati in casa? Forse. Tuttavia è anche un topos letterario e probabilmente cinematografico: i bruti che possiedono un animo infantile (“amore infantile”) e sono attratti dagli “oggetti luccicanti e variopinti”. Forse gli viene da Salgari, lettura giovanile, autore più volte citato nei suoi scritti. Di certo questi tre fogli aggiungono un elemento di colore, e a suo modo persino allegro – i traffici di Primo e Alberto – in un capitolo che nella versione 1947 era tutto virato verso il tragico con l’impiccagione dell’“ultimo”, del ribelle. L’inserimento delle parti nuove avviene tra due “parliamo”. Un momento di pausa dentro questo capitolo doloroso, che si chiude sulla vergogna provata dai prigionieri dopo l’impiccagione. La trovata di Alberto è già un’anticipazione dei racconti che Levi includerà successivamente in Lilít, racconti che ha pensato poco dopo il 1947, e forse scritto dopo la fine della stesura di Se questo è un uomo. Anche questo poteva essere un racconto a sé, invece lo inserisce qui cambiando il tono del capitolo. È uno scrittore e non solo un testimone.
Marco Belpoliti, scrittore
(26 marzo 2017)