JUDAICA ‘Detti’ del Talmud
Amedeo Spagnoletto / DETTI E CONTRADDETTI DEL TALMUD / Giuntina
Lontano, al di là di mari, montagne, tra genti diverse. Tanto vicino da poterlo quasi toccare. Nella tradizione giudaica, le distanze sono relative. Il Talmud, che del giudaismo rabbinico è beneamato e insostituibile, nasce tra la Terra d’Israele e la Mesopotamia. Si sedimenta lentamente, per secoli, ogni generazione porta la propria sapienza e lascia alla successiva parecchie risposte e domande ancor più numerose. Il lavorio di redazione si conclude tra il VI e il VII secolo dell’era volgare, quando i musulmani son diventati i nuovi padroni d’Oriente, e hanno scalzato di slancio il dominio dei bizantini e quello persiano dei sasanidi. Distante nel tempo, e prodotto di una società da lungo scomparsa, il Talmud rimane vivo attraverso lo studio, la ripetizione, la continua ripresa di spunti e di norme, che costituiscono ancor oggi la base del diritto ebraico. Attuale per prestigio di contenuti, certo, ma anche per una sua vena informale, per il carattere quotidiano e arguto di tanti passi. Non è detto che un libro autorevole debba per forza essere paludato, serioso. Il Talmud sa a tratti sdrammatizzare anche le circostanze più serie, ricco com’è di aneddoti, di stralci di vita vissuta, di motti di spirito. Da questo repertorio popolareggiante, solo in apparenza minore, rav Amedeo Spagnoletto, della comunità ebraica di Roma, ha raccolto una manciata di proverbi. Di ogni massima si troverà l’originale aramaico, la traduzione e un commento, anch’esso di tono spigliato, che tiene d’occhio il contesto da cui nascono i detti proverbiali e, allo stesso tempo, non rinuncia a dialogare con l’attualità. Sono scorci di società contadina e mercantile, in cui verdure, frutti, animali da lavoro fanno da segnale a vizi, virtù, passioni. Alcuni proverbi hanno un corrispondente fedele in italiano, che si trova a intuito, altri sono calati nella storia ebraica, e alludono a scene bibliche. «Un anello sfilato dal dito vale più di 28 profeti e 7 profetesse». La frase, di per sé enigmatica, diventa eloquente se aprite il libro di Ester, quando Assuero si toglie di mano il sigillo regale per darlo ad Aman, e investirlo così del potere di sterminare gli ebrei. Una minaccia, questa dell’anello, più paurosa di qualsiasi profezia. L’avrebbe potuto dipingere Rembrandt, il monarca orientale che, un po’ svogliato, si cava l’anello dal dito. In aramaico, e descritto in modo stringato, il gesto fa ancora più effetto che in un quadro. Chi voglia mettere in pratica la morale del proverbio, provi a cercare sovrani e signori con l’anello al dito. Se ne vedete in giro, fate in modo che Aman non si avvicini loro.
Giulio Busi, Il Sole 24 Ore Domenica, 26 marzo 2017