Napoli…

Esiste il napoletano ed esiste il napulegno.
Al napoletano appartengono la capacità poetica, l’estro partenopeo, l’ingegno, la fantasia e il cuore grande. Al napulegno appartengono la retorica piccolo borghese, la cultura della minima e spicciola sopravvivenza, la logica di casta, il cuore anaffettivo.
Il napoletano ha radici ed ali, sa vivere nella sua città, così come altrove e porta dentro di sé gli orizzonti internazionali della sua città, ne conosce la lingua dialettale e sa essere figlio di Partenope ovunque nel mondo, rendendo Napoli fiera di lui ovunque egli vada. Il napulegno vive a Napoli e vive nel mondo con la logica di un’appartenenza tribale, parla il dialetto ma non lo usa come lingua, non è figlio di Partenope ma figliastro e non è un elemento di orgoglio internazionale, quanto piuttosto un elemento di sospiri, se non di vergogna.
Il napoletano ama Napoli, lavora per il suo futuro, non nasconde i suoi problemi e cerca di risolverli con la consapevolezza storica e sociale della propria città che è anche una patria. Il napulegno non ama Napoli, al massimo la usa, la sfrutta e nasconde a se stesso e agli altri i problemi della città per non assumersi le proprie responsabilità, per dire che, per esempio, le buche delle strade vicino al porto, esistono dai tempi dei Borbone e che non si può fare nulla. Il napoletano per Napoli combatte, a volte anche contro se stesso e contro le proprie cattive abitudini per portare la propria città nel futuro e darle un luogo di rispetto nel Mondo. Il napulegno nel Mondo porta un’immagine di Napoli che è folklore e non cultura, che è immagine ironica di se stessa, macchietta, barzelletta: il peggio di un racconto scontato. Il napoletano scrive di Napoli un racconto nuovo, un racconto dalle radici antiche e dall’immagine rivolta al futuro, che non è macchietta, ironia volgare, ma è colore, luce del mare e luce di impegno sociale per Napoli e in nome di Napoli.
Il napoletano, proprio perché tale, sa amare il mondo, conosce il dolore di tutti e non sceglie di agire per il mondo, secondo logiche di parte e limitate. Il napulegno è di parte perché non sa conoscere il mondo ed è limitato perché non sa guardare oltre se stesso e la propria tribù. E sapete, in via assolutamente teorica, qual è la cosa peggiore che possa accadere a Napoli e ai napoletani ovunque essi vivano? Che si ritrovino un napulegno come sindaco. Un napulegno che amministri Napoli come un circoletto, come un vecchio salotto o una sezione di un dopolavoro e che in questa sezione o vecchio salottino venga deciso chi sono i buoni e i cattivi che vivono nel mondo, chi vada boicottato e chi vada sostenuto, con la logica dell’ignoranza, della volgarità intellettuale e dell’antisemitismo del movimento dei BDS, che altro non è che la negazione della vita di un intero paese, Israele, e di tante genti diverse: arabi, ebrei, drusi, beduini, circassi, che si bagnano nello stesso mare che bagna i napoletani e sciacqua i napulegni.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(31 marzo 2017)