Samar
Dall’inizio dell’intifada ho scritto cinque libri e in ognuno di essi c’è un capitolo dedicato a Samar, la mia amica palestinese. Samar Sahhar è cristiana, di Gerusalemme Est ma ha vissuto a lungo a Betania, la cittadina dove, secondo il Vangelo, avvenne la resurrezione di Lazzaro. Aveva creato un orfanotrofio per raccogliere bambini musulmani abbandonati dai propri genitori. A ogni presentazione dei miei libri mi vengono rivolte molte domande su questo personaggio affascinante che ha lottato strenuamente contro Hamas finché è stata costretta ad abbandonare la sua casa per rifugiarsi in Israele. All’ultima presentazione del libro Memorie di un angelo custode a Gerusalemme ho deciso di invitarla, affinché raccontasse personalmente la sua storia. Nella splendida sala affrescata di Rechov Hillel, sotto al Tempio, e’ arrivata molta gente, molte kippot e molti capi coperti. Tanti amici che mi conoscono da anni, che sanno chi sono e cosa penso…ma sicuramente qualcuno ha pensato: beh, portare una palestinese.. è un po’ esagerato…
Cecilia Nizza, presentatrice effervescente e attenta, le ha dato la parola e Samar ha esordito dicendo: “Fino al 1995 è stato un paradiso. Non esisteva l’Autorità Palestinese. Qualunque cosa ci occorresse, ci rivolgevamo alle istituzioni israeliane. Ci aiutavano per trasportare il cibo o per dare una mano se c’era una difficoltà nella casa. I soldati israeliani con le loro jeep ci hanno accompagnato più volte all’ospedale di Hadassa Ein Kerem per portare urgentemente al pronto soccorso bambini malati o bambine seviziate a cui avevano tagliato un orecchio o che erano state bruciate dai loro stessi genitori e abbandonate in caverne sparse nella zona. Da un amico israeliano ricevemmo un forno per il nostro panificio che procurò lavoro a tante persone del villaggio. Dopo gli accordi di Oslo, con l’avvento dell’Autorità, la serenità si è dissolta. I fondi destinati a Jelal El Amal o a Lazarus Home for girls non sono più arrivati a noi ma alle istituzioni del posto. Mi hanno chiesto più volte di mandare i miei bambini a tirare pietre ai soldati israeliani di guardia, a piantarsi davanti ai carri armati per provocare scene interessanti per i media, ma io non ho mai permesso che toccassero i miei ragazzi. Ci sono state lunghe lotte. Finché mi hanno tolto tutto….” Nella sala di Rechov Hillel regnava un silenzio sacrale. Gli sguardi erano attoniti. Samar ha risposto con pazienza a tutte le domande e ha promesso di tornare per raccontare più a lungo le sue peripezie e quelle delle persone come lei che vivono dall’altra parte della barriera. Ha concentrato su di sé tutta l’attenzione del pubblico. Di un pubblico che ha conosciuto una verità di cui forse era ignaro e che ora intravede una nuova luce di speranza.
Angelica Edna Calò Livne
(5 aprile 2017)