SHIR SHISHI Canto popolare, Pesach dopo Purim
In questi giorni prima di Pesach il mondo ebraico trasmette un ché di affanno. Bisogna pulire bene, controllare l’elenco degli invitati per la cena del Seder senza scordarsi dei cugini noiosi, stirare le belle tovaglie e contare il numero delle sedie necessarie, inclusa quella per “Lo straniero che abita in mezzo a voi”, perché sta scritto “Chiunque abbia fame venga e mangi, chiunque abbia bisogno venga a celebrare Pesach”. Una festa che rappresenta storia, etica e antiche tradizioni, basata su letture che formano una sorta di un testo aperto chiamato Haggadah, di cui abbiamo qualche migliaia di versioni edite in tutto il mondo. La Haggadah ovvero La narrazione, fu redatta nel Medioevo e conserva contenuti antichi e struttura letteraria fissata nel tempo. D’altronde, non essendo un testo sacro, diversamente dai libri canonici, i testi variano leggermente da una tradizione all’altra, tanto che martedì sera gli ebrei di origine yemenita, gli Italkim o gli israeliani membri del kibbutz, reciteranno e canteranno da Haggadot diverse. Tutte le narrazioni fungono da specchio del luogo e del tempo in cui sono state scritte, da quelle composte nei ghetti durante la seconda guerra mondiale fino alla bellissima edizione a cui hanno collaborato Jonathan Safran Foer e Nathan Englander.
I canti e la musicalità dei testi della Hagaddah sono fondamentali per la funzione sociale e soprattutto didattica dell’antico racconto sulla libertà e sulla memoria collettiva. Però ho pensato di riportare un canto popolare orientale pubblicato da Liliana Treves Alcalay, un personaggio centrale nella storia della musica e della cultura italiana. Treves Alcalay, scrittrice e musicologa, studia da molti anni la musica dei conversos, delle tradizioni arrivate dalla Spagna e dai paesi arabi, sede di un ebraismo ricco e, a sua volta, fonte di contaminazione della poesia e le melodie occidentali moderne.
Purim, Purim è passato
Pesach, Pesach sta per arrivare.
Le matzot si stan cuocendo
Gli involtini di carne si stan facendo.
Per carità, per carità
Dio benedetto ci dà fortuna.
La donna dice ai nipotini:
pulite la polvere negli angoli e sui tetti.
Per carità, per carità
Dio benedetto ci dà fortuna.
Il signor rabbino ha detto alle zie
di non mangiare il pane per otto giorni.
Per carità, per carità
Dio benedetto ci dà fortuna.
(Liliana Treves Alcalay, Canti della Diaspora, Giuntina, 1986)
Sarah Kaminski, Università di Torino