Verso Pesach – Preparare la casa, preparare se stessi. E le generazioni future
Più che per ogni altra ricorrenza del calendario ebraico, la preparazione per la festa di Pesach è entrata nel folklore più o meno come l’equivalente delle Sette Fatiche di Ercole. C’è da cucinare per due giorni di pasti festivi (uno in Israele), di cui le due sere addirittura di Seder, una lunga serie di prescrizioni e cerimonie per ripercorrere l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, con la cena che arriva solo al culmine della rievocazione e deve quindi essere necessariamente all’altezza del momento (e degli stomaci brontolanti per l’attesa). Ma soprattutto, c’è l’obbligo di pulire le proprie abitazioni da cima a fondo, e attrezzare la cucina di conseguenza, per eliminare ogni traccia di chametz (cibo lievitato), che durante Pesach non può essere consumato, né posseduto. Negli insegnamenti dei Maestri però esistono altre tradizioni per prepararsi alla festa: innanzitutto, ristudiando e rifamiliarizzando con le sue prescrizioni. Si legge nel Talmud (B. Pesachim 6a) che è bene “approfondire ed espandere le regole di Pesach”.
Scrive rav Levi Cooper, docente all’Università di Bar Ilan e al Pardes Institute of Jewish Studies: “Il Maestro chassidico rav Menahem Mendel di Rymanow (1745-1815) spiega che le parole usate dai Saggi devono essere interpretate come una fervente supplica, e non come delle semplici domande allo scopo di ottenere informazioni. Ogni persona dovrebbe chiedere, scongiurare addirittura, l’Onnipotente prima di Pesach, per ricevere assistenza Divina per osservare tutti i comandamenti. Come sappiamo, la sfida dell’eliminare dalle nostre case ogni traccia di chametz può essere particolarmente gravosa. Non si tratta di semplici ‘pulizie di primavera’: è un obbligo religioso e il fallimento porta conseguenze difficili. Mentre ci imbarchiamo in questa missione, chiediamo l’aiuto di D-o”.
Il rebbe però va un passo oltre, ricordando come non si tratti solo di liberarsi dal chametz fisico, ma anche da quello spirituale, di cui le pulizie di casa diventano un percorso simbolico.
“Ogni minuscola quantità di boria deve essere smantellata, così come a Pesach anche la più minuscola quantità di chametz è proibita”.
“Se mi è permesso, vorrei mettere in luce un terzo aspetto che deriva dagli insegnamenti di Menahem Mendel di Rymanow – aggiunge rav Cooper – Con l’approssimarsi della festa, dobbiamo chiedere aiuto per realizzare un aspetto centrale, anche se a volte formidabilmente difficile, di Pesach. Speriamo che D-o ci assista nell’osservare le prescrizioni della ricorrenza, ma non soltanto per quanto riguarda il chametz, che talvolta fomenta un’attitudine ossessiva verso la presenza di granelli di polvere. Supplichiamo l’Onnipotente di essere al nostro fianco per adempiere il comandamento di condividere con i nostri figli l’esperienza dell’Esodo e di renderli partecipi della memoria collettiva ebraica”.
Così, sottolinea il rabbino, trasmettere il messaggio, la storia, i valori a chi viene dopo di noi, può diventare più insormontabile di qualunque pulizia: una sfida che “va oltre insegnare a un bambino a cantare ma nishtana (la canzone delle domande su Peach che apre il racconto dell’Uscita dall’Egitto, ndr) in piedi su una sedia. L’impresa richiede inculcare i valori ebraici e l’orgoglio e l’amore per la nostra storia e tradizione. Una missione che necessita riflessione, pazienza e investimento. Nonché una attentamente pianificata strategia”.
Rossella Tercatin