Levi papers – Addenda

belpolitiNell’edizione 1947 di Se questo è un uomo,consegnata a Einaudi per ripubblicare il libro con le nuove pagine aggiunte, c’è anche una nota scritta a mano da Levi stesso. Si trova nell’ultima pagina bianca del volume; con una penna stilografica Levi ha scritto alcune righe. L’inchiostro è vecchio e completamente assorbito dalla carta. L’ha intitolata Addenda, ovvero cose da aggiungere. Il termine “addenda” è attestato in uso in italiano a partire dal 1935, indica delle integrazioni da recare a un testo per ovviare a eventuali omissioni. Quali omissioni? Personaggi, episodi, storie da integrare, che gli sono venute in mente successivamente, o che ha escluso dalla prima stesura e ora memorizza. Si tratta di una nota probabilmente stesa sul libro poco dopo la sua stampa, nel 1947. Un lavoro successivo. L’addenda scritta a mano è così:

I) La I (?) notte. Il lucido da scarpe: Templer. Lavarsi la faccia, Liko, il discorso Glücksman. Il discorso di Ernst. “Margarin”. Morte di Luria. Morte di Dierna. Chaim.

La distribuzione del pane al mattino. Il pane altrui più grande.

2) Domenica “di riposo”. Lo Schreiber: “Pech”. Il lavoro senza privilegi. Organi rudimentali. I cavoli da terra. I due Tischler. La zuppa acida dei bombardamenti.

3) Capan

Sono dunque parti che Levi voleva aggiungere al primo libro e che ha scritto in quella pagina ultima come un promemoria. Proviamo a vedere di cosa si tratta.

“La prima notte” è raccontata in “Iniziazione”, capitolo aggiunto nel 1958, proprio in apertura delle nuove pagine.

Templer è l’organizzatore ufficiale del Kommando cui Levi appartiene; viene nominato già nella edizione del 1947 nel capitolo “Una buona giornata”; del lucido da scarpe e di Templer non ha scritto nulla in seguito, almeno non tra i testi pubblicati (si può forse ipotizzare che vi siano delle parti rimaste manoscritte sui quaderni preparatori del libro per l’edizione 1958).

Liko è probabilmente Liko Mandel, il marito di Olga, la donna da cui Primo apprende la morte di Vanda Maestro alla fine del capitolo “Il Campo Grande” ne La tregua; sappiamo di lei anche dalla versione radiofonica del libro, dove si presenta con il suo nome e anche il cognome, Olga Mandel; chiede a Levi del marito, Liko Mandel, e gli riferisce come detto della morte di Marta, ovvero Vanda Maestro (nel libro La tregua la chiama invece Vanda). Riguardo al cognome di Liko c’è anche un’altra ipotesi. Al ritorno a Torino (19 ottobre 1945) Levi scrive una relazione che contiene una lista di persone conosciute nel Lager: cerca di recuperare i nomi degli scomparsi; tra novembre e dicembre la consegna alla comunità ebraica di Torino (ora custodita presso l’Archivio Ebraico Terracini di Torino è pubblicata in Così fu Auschwitz, Einaudi); lì vi figura il nome di Israel Liko di Zagabria.

“Lavarsi la faccia” è un tema presente nel capitolo aggiunto nel 1958, “Iniziazione”, dove compare anche Steinlauf, il cui vero cognome è Glücksman; il nome è Eugenio, e lo si ritrova nella lista della relazione e si precisa che è di Milano; sappiamo che è un ungherese di cinquantaquattro anni residente a Milano, ex sergente dell’esercito austroungarico; è lui che tiene a Levi il discorso, cui si riferisce la parola cassata; ma forse Primo voleva aggiungere qualcosa riguardo il lavarsi la faccia in cui c’entravano Liko e Glücksman? Non lo sappiamo.

Ernst è probabilmente Ernst Hagen, un politico socialdemocratico, che compare sempre nella versione radiofonica de La tregua, ma anche del suo discorso non sappiamo nulla di più.

“Margarin” è probabilmente un soprannome, e di margarina si parla parecchie volte nei due primi libri.

Anche di Luria non si sa nulla: resta questo semplice appunto. Così come Dierna; si dice solo che erano morti e forse Levi voleva raccontare le circostanze della loro morte. Possibile che il nome sia invece Diena e non Dierna, e che si tratti di un errore di scrittura; Diena è il compagno di letto che lo accoglie nel Blok 30 a cui è indirizzato la prima notte, anche lui nell’aggiunta del capitolo “Iniziazione”.

Chaim: forse è una scrittura imprecisa di Chajim, l’orologiaio, il compagno di letto di cui si parla; a lui sono dedicate alcune importanti aggiunte nel 1958, di cui si è detto.

“La distribuzione del pane al mattino. Il pane altrui più grande”: il pane è l’ “oggetto” più nominato del libro; nel capitolo aggiunto “Iniziazione” c’è una parte dedicata al pane che contiene la parola ripetuta in molte lingue “pane-Brot-Broit-chleb-pain-lechem-kenyér”: “molti, bestialmente, orinano correndo per risparmiare tempo, perché entro cinque minuti inizia la distribuzione del pane, del pane-Brot-Broit-chleb-pain-lechem-kenyér, del sacro blocchetto grigio che sembra gigantesco in mano del tuo vicino, e piccolo da piangere in mano tua. È una allucinazione quotidiana, a cui si finisce col fare l’abitudine: ma nei primi tempi è così irresistibile che molti fra noi, dopo lungo discutere a coppie sulla propria palese e costante sfortuna, e sfacciata fortuna altrui, si scambiano infine le razioni, al che l’illusione si ripristina invertita lasciando tutti scontenti e frustrati”. Probabilmente è questa l’addenda cui si riferisce.

Difficile capire cosa significhi: Domenica “di riposo”; della domenica se ne parla varie volte in Se questo è un uomo e non vi sono aggiunte nell’edizione del 1958 al riguardo.

“Lo Schreiber” potrebbe essere “lo scrivente” o “scrivano”; così “Pech” è probabilmente una parola tedesca che indica “sfortuna”; si può ipotizzare che si tratti di un appunto per il racconto “Lo zingaro”, dove Levi funge da scritturale per lo zingaro Grigo, che deve inviare una lettera alla fidanzata ma non sa scrivere; il racconto è compreso in Lilít e altri racconti. Ma non è certo.

“Organi rudimentali” non si sa cosa possa indica. Bel rebus. Così “I cavoli da terra”; i cavoli sono materia prima insieme alle rape delle zuppe distribuite ai deportati e ritornano ancora in “Storia di dieci giorni”, ma non vi sono aggiunte tra un’edizione e l’altra.

Tischler è un altro personaggio del racconto Lilít, il cui nome significa”falegname”; evidentemente erano due i “falegnami” di cui voleva raccontare. Ce ne resta solo uno.

“La zuppa acida dei bombardamenti” potrebbe riferirsi alla zuppa degli ultimi mesi di guerra, dopo i bombardamenti alleati, oppure alla zuppa data da Lorenzo a Primo di cui Levi parla in “Il ritorno di Lorenzo” racconto che apre Lilít e altri racconti; appare qui per la prima volta, non anticipato come altri sui giornali o riviste, per non dispiacere la famiglia del muratore piemontese che si era lasciato morire dopo il ritorno dal Lager.

Capaneo diventerà invece un racconto, prima nel 1959 in un giornale, poi raccolto in Lilít e altri racconti nel 1981.

Levi ha continuato a lavorare al suo primo libro anche nei mesi e negli anni successivi alla prima pubblicazione; quasi metà degli appunti scritti sulla edizione 1947 del libro sono stati poi sviluppati successivamente, alcuni direttamente nella edizione 1958, altri invece nei racconti apparsi in giornali e riviste nei decenni successivi, e poi raccolti in Lilít e altri racconti, del 1981, dove presentano un tono differente, meno drammatico, come aveva compreso Italo Calvino loro primo lettore. Possiamo ancora parlare solo di un testimone, o piuttosto dobbiamo considerare che siamo in presenza di uno scrittore-testimone? Questo continuo lavorio intorno a Se questo è un uomo mostra come la testimonianza di Primo Levi sia legata prima di tutto alla scrittura letteraria. La sua forza risiede in questo, e non solamente nella sua attendibilità. Se questo è un uomo è un libro memorabile per questa ragione, perché usa tutte le risorse della letteratura, i suoi artifici, le sue costruzioni, la sua “retorica” in senso alto, come la critica letteraria ci ha insegnato.

Marco Belpoliti, scrittore

(9 aprile 2017)