Oltremare
Alla metà del mese

fubini“Alla metà del mese che di Nissan ha il nome – Noi festeggiam la Pasqua ed or dirovvi il come – Le usate cerimonie prima di cominciare – A mensa si preparano azzime ed erbe amare – Son queste in rimembranza dell’aspra schiavitù con cui in Egitto oppressa la Nazion nostra fu – Tre azzime e pur lattuga, un uovo e dell’aceto, – e uno zampin d’arrosto secondo il consueto.”
Non so se qualcuno al di fuori della mia famiglia inizi il Seder di Pesach con questa poesia, e poi introduce con ulteriori versi tutte le fasi della Haggada, ma a casa mia un Seder non si comincia senza che si decantino ad alta voce questi versi, contenuti in due fogli di carta velina dattiloscritti di epoca medio-novecentesca. Si narra che il testo abbia origini più antiche, e in effetti il linguaggio aulico tradisce l’appartenenza a una non meglio identificata metà Ottocento.
Ora si potrebbe discutere se al Seder, di per se stesso un “ordine” si debbano o possano aggiungere ulteriori ordini, aggiungendo così un nuovo filtro ad una serie non breve di indicazioni e istruzioni su quel che si deve fare e non fare durante la sera più lunga per ogni famiglia ebraica del globo.
Ma chiunque abbia visto con i propri occhi una casa ebraica subito prima di Pesach sa perfettamente che un’aggiunta di ordine può solo far del bene. Cucine intere che vengono svuotate e ri-riempite, oggetti cercati per ore e poi ricomperati nuovi per averli Kasher le-Pesach, accumuli di cibo che poi sarà vietato a Pesach relegati in balcone per essere consumati senza far venire un esaurimento nervoso alle mamme, che in questa occasione perdono ogni grado acquistato sul campo nella guerra per la parità dei sessi, e ritornano angeli del focolare e paladine di ordine e pulizia. Dunque ben venga la poesia introduttiva, che dà anche occasioni ai bambini di essere ancora più al centro del Seder, quando viene dato loro l’antico foglietto e davanti a tutte le generazioni riunite, ancor prima del Ma-Nishtana, si alzano e indicano a tutti la via – ridacchiando poi di quell’italiano buffo e antico.

Daniela Fubini, Tel Aviv

(10 aprile 2017)