Gli amici siamo noi
Abitare a una certa distanza da dove si tengono le lezioni di Talmud Torah è molto utile: nei lunghi viaggi in macchina si possono ripassare le tabelline, ascoltare le canzoni di Pesach per prepararsi alla festa (ma non deve mancare mai quella che cantava il generale quando poverino, lo hanno ucciso, lui che era un eroe d’Israele), affrontare temi complessi, quali: che differenza c’è tra la zedakà e chiedere qualche spicciolo al semaforo? O anche: perché il mese del mio compleanno viene dopo quello di mio fratello anche se sono più grande io?
Così, cantando “Chi sapesse chi intendesse”, capita di sentire un bambino interrogarsi su come HaShem si prepari per Pesach, mentre un altro asserisce con veemenza quanto sarebbe bello essere come Lui, che fu ed è, (e sarà dice l’Adon Olam, ricorda un terzo:
וְהוּא הָיָה וְהוּא הֹוֶה וְהוּא יִהְיֶה.
veHu Aià, ve HuIhiè, VeHu Ovè…).
Ma ti annoieresti, suggerisco debolmente, tutto solo per sempre… Eh no, ribatte lui con sicumera, avrei un amico immaginario per sempre con me, sono sicuro che anche HaShem ha tutti gli amici immaginari che vuole!
Interviene nuovamente l’altro: ma non ha bisogno di amici immaginari, per questo ha creato l’uomo, siamo noi i suoi amic!
La necessità di seguire le indicazioni del navigatore per districarmi nel traffico (di una città in cui ero sicura che non avrei mai guidato) impone una necessaria pausa di riflessione. Il silenzio purtroppo, come spesso accade, dura poco, e nuove domande mi costringono a promettere di approfondire l’argomento.
Mi riservo un giorno per raccogliere le idee, tanto so che come non ricordano assolutamente cosa hanno fatto la mattina a scuola, possono rammentare eventi (di solito qualche mia manchevolezza) a distanza di anni, come quella volta che ho mantenuto la promessa di non portare al cinema un treenne, il quale a sua volta aveva promesso di non fare più una certa cosa…
Ma, scaduto il termine, ci troviamo iniziato Shabbat, tutti seduti sul divano di sala, a discutere degli scopi della creazione del mondo. Perché inutile provare ad aggrapparmi a Cartesio e Leibniz, o richiamare il pensiero del Nachmanide e del Rambam: il punto, mi viene fatto notare, non è che HaShem abbia creato il mondo in un modo o in un altro, o che non possa aver bisogno di compagnia, ma che la desideri e basta, perché essere soli a non fare niente, per l’eternità, può essere oltremodo noioso anche per
אלוהינו שבשמיים ובארץ
Eloeinu sheBaShamaim uVaAretz,
D-o nostro in cielo e in terra.
Sara Valentina Di Palma
(13 aprile 2017)