sintesi…
Le Haftaroth – le letture dei Profeti – ci introducono nella festa di Pesach e ci accompagnano alla sua conclusione con suggestivi richiami all’attesa messianica; l’approccio è dato – come già ricordato – dalla lettura del brano conclusivo del profeta Malakhì, che annuncia il ritorno del Profeta Elia, con il compito di predisporre la riconciliazione dei cuori tra le generazioni quale viatico necessario al manifestarsi completo della sovranità del Signore. Ci si congeda da Pesach con la visione del Profeta Isaia (10-12) relativa al tempo in cui gli animali feroci si accompagneranno pacificamente con quelli mansueti e i bambini potranno stendere senza timore le loro manine nella tana del serpente, allegoria della pace universale con cui il popolo ebraico attende il compiersi delle profezie messianiche. Questa lettura sembrerebbe solo una pia, confortante attestazione di fede, relativa ad un remoto futuro; in realtà questo brano ha assunto in tempi recenti anche un’altra chiave di interpretazione. Il Rabbinato dello Stato d’Israele ha infatti adottato proprio questo stesso brano di Isaia, un brano che da migliaia di anni si leggeva solo nelle comunità della diaspora ebraica per l’ottavo giorno di Pesach, che non viene affatto festeggiato in terra d’Israele, scegliendolo quale lettura profetica per la festa di Yom HaAtzmaut, il giorno dell’indipendenza dello Stato d’Israele. Attraverso questa lettura del profeta Isaia, l’attesa messianica, che a Pesach viene ribadita come espressione di fede, a Yom Ha Atzmaut diviene attestazione del principio, che caratterizza la corrente del sionismo religioso, secondo cui lo Stato d’Israele e in particolare l’affluire e il riunirsi in terra d’Israele di una parte significativa della diaspora ebraica, costituisce “Reshit zemichat gheulatenu” ovvero un primo inizio del manifestarsi dell’epoca messianica. L’attribuire un significato di anticipazione messianica allo stato d’Israele ha naturalmente molti risvolti, religiosi sociali e politici. La lettura del brano di Isaia nelle due ricorrenze, a conclusione di Pesach e nella festa di Yom HaAtzmaut per l’indipendenza d’Israele, propone dunque un suggestivo motivo di accostamento tra i valori della festa biblica della libertà – con tutti i significati e i precetti, religiosi e sociali, che la Torah collega al ricordo più volte ribadito della schiavitù “Tu devi ricordare che fosti schiavo in Egitto” – e il valore della ritrovata autonomia nazionale in Israele, tra l’identità ebraica maturata in millenni di storia della diaspora, e quella che sta rifiorendo in Israele. Nella capacità per tutto il popolo ebraico, dentro e fuori Israele, di trovare la sintesi tra questi intrecci di fede, storia e civiltà nella complessa realtà attuale, dipende la possibilità che la profezia di Isaia possa effettivamente essere in fieri nel futuro – nel tempo che solo la mente del Signore può conoscere – dello Stato d’Israele.
Giuseppe Momigliano, rabbino
(19 aprile 2017)