Orizzonti – L’uscita dall’ Unione non salverà la Francia
Tra pochi giorni si concluderanno le elezioni presidenziali francesi e ci sono comprensibili timori che possa verificarsi un altro shock alla Trump. In particolare, le traversie dell’euro hanno intaccato la reputazione del progetto europeo (la lunga marcia verso la pace e la prosperità attraverso l’integrazione economica) e hanno fatto involontariamente il gioco dei politici antieuropeisti. E i miei contatti in Francia mi dicono che la campagna elettorale di Marine Le Pen sta cercando di spacciare le critiche alle politiche europee di importanti economisti come sostegni impliciti al programma del Fronte nazionale. Non lo sono. Io ho criticato aspramente sia l’euro chele politiche di austerità portate avanti nell’Eurozona dal 2010 in poi. La Francia potrebbe e dovrebbe fare molto meglio di come sta facendo. Ma il tipo di politiche di cui parla il partito della signora Le Pen, il Fronte nazionale – uscita unilaterale non solo dall’euro, ma dall’Unione Europea – non favorirebbe l’economia francese, ma al contrario la danneggerebbe. Cominciamo dall’euro. La moneta unica era ed è un progetto sbagliato, e i Paesi che non l’hanno mai adottata, come la Svezia, la Gran Bretagna e l’Islanda, hanno beneficiato della flessibilità che consente il fatto di avere una moneta indipendente. Ma c’è una differenza enorme tra scegliere di non entrare e andarsene una volta che sei entrato. I costi di transizione della sostituzione dell’euro con una valuta nazionale sarebbero colossali, la fuga di capitali su larga scala provocherebbe una crisi bancaria, bisognerebbe imporre controlli di capitale e chiudere le banche fino a nuovo ordine, il problema di come valutare i contratti creerebbe un pantano legale e si aprirebbe un lungo periodo di confusione e incertezza che seminerebbe il caos nelle imprese. Sono tutti costi che potrebbe valere la pena di sostenere in circostanze estreme, come quelle che deve fronteggiare la Grecia un’economia gravemente depressa che ha bisogno di ridurre radicalmente i costi rispetto ai suoi partner commerciali potrebbe trovare perfino una costosa uscita dall’euro seguita da una svalutazione preferibile ad anni di straziante deflazione. La Francia però non rientra in questa descrizione. L’occupazione potrebbe andare meglio di così, ma non è in una situazione terribile: gli adulti in età lavorativa primaria hanno più probabilità di avere un impiego che negli Stati Uniti. E dalla creazione dell’euro in avanti il costo del lavoro ha seguito più o meno la media complessiva dell’Eurozona, quindi non ci sono molte ragioni per ritenere che un ritorno del franco porterebbe (o dovrebbe portare) a una forte svalutazione. Insomma, un’uscita della Francia dall’euro comporterebbe tutti i costi che dovrebbe affrontare la Grecia, ma senza nessuno dei benefici. Quanto all’Unione europea in generale, ci sono tutte le ragioni per pensare che l’appartenenza all’Unione, che consente alla Francia di partecipare a un mercato molto più grande di quello che potrebbe creare con le sue forze, renda l’industria francese più produttiva e offra ai cittadini francesi un’offerta di prodotti a basso costo più ampia di quella che potrebbero avere altrimenti. Potrà non piacere, ma la Francia semplicemente non è grande abbastanza da prosperare con politiche economiche nazionaliste e isolazionistiche. E considerando i benefici di far parte di un’entità economica più grande, far parte della zona Schengen (che riduce gli attriti e fa funzionare meglio l’integrazione) dovrebbe essere visto come un privilegio, non come un fardello. Non sto assolutamente dicendo che l’Unione europea non abbia problemi, o che la politica economica francese sia eccellente. Il consenso europeo in favore dell’austerità è stato scriteriato e distruttivo a livelli stratosferici, e la Francia è stata fm troppo pronta a imporre a se stessa un’austerità innecessaria. A volte dico che il male economico più grave di cui soffre la Francia è l’ipocondria, una disponibilità a credere alla propaganda che la ritrae come il malato d’Europa da oltre trent’anni, nonostante continui a esibire una produttività elevata e un andamento decoroso dell’occupazione. Il punto, in ogni caso, è che nulla di quello che ha da offrire II Fronte nazionale potrebbe servire a far muovere la Francia nella giusta direzione. Solo perché la signora Le Pen ed economisti come me critichiamo tutti e due la politica economica europea non significa che abbiamo qualcosa in comune. (Traduzione di Fabio Galimberti)
Paul Krugman, Il Sole 24 Ore, 20 aprile 2017